Dibattito sulle riforme costituzionali e il ruolo delle Regioni
Palazzo Lascaris

Il documento non è stato posto in votazione



Un lungo e articolato dibattito è stato affrontato dall’Aula di Palazzo Lascaris il 2 aprile sull’ordine del giorno, primo firmatario il presidente Valerio Cattaneo, che presenta e condivide le proposte di riforma costituzionale presentate dalla Conferenza dei presidenti delle Assemblee legislative delle Regioni e Province autonome e dalla Conferenza delle Regioni e Province autonome, quale contributo al governo sulla riscrittura del titolo V della Costituzione e sulla riforma del Senato. Si intende in particolar modo attribuire al Senato il ruolo di assemblea di rappresentanza dei territori e di raccordo tra tutte le istituzioni rappresentative .

In merito alla composizione della Camera Alta, nel documento le Regioni concordano sulla previsione di una partecipazione di diritto dei rappresentanti delle Regioni e delle Autonomie locali, sull’opportunità che la ripartizione dei seggi sia parametrata alla popolazione delle Regioni, sulla quota paritaria di eletti dai Consigli regionali e dai collegi dei sindaci e sulla non condivisione dell’integrazione del Senato con membri nominati per meriti in campo scientifico, artistico e sociale, in quanto stridente con la nuova conformazione del Senato.
Le Regioni esprimono la volontà di superare il bicameralismo paritario, prevedendo però per il Senato funzioni di riequilibrio tra competenze dello Stato e delle Regioni. Ad esempio si propone l’approvazione a maggioranza assoluta da parte della Camera dei disegni di legge al fine di superare il dissenso del Senato, la previsione di una legge bicamerale che definisca il contenuto di materie e funzioni del Senato stabilendo tempi certi e l’ampliamento delle competenze della Camera Alta anche alle funzioni ispettive, di interpellanza e interrogazione..
Pur accettando la proposta del governo di superare la legislazione concorrente, le Regioni ritengono indispensabile: ridefinire le competenze esclusive statali espresse dall’articolo 117 della Costituzione, circoscrivendole alla definizione di una disciplina generale, prevedere una elencazione di massima della legislazione residuale regionale, prevedere anche l’iniziativa della Regione per l’attribuzione di materie o funzioni di competenza statale, prevedere nella procedura la clausola di salvaguardia tramite voto favorevole preventivo del Senato.

Il documento, su proposta del presidente Cattaneo, non è stato posto in votazione ma sarà comunque inviato alla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome e alla Conferenza delle Assemblee legislative delle Regioni e Province autonome.

“Una riforma è necessaria ma l’approccio è superficiale”, ha affermato il capogruppo dell’Idv, Andrea Buquicchio, “si vuole trasformare il Senato in un organismo senza più poteri significativi, rafforzando il potere centrale a scapito delle regioni. “Non condivido il superamento del bicameralismo paritario perché per frenare lo strapotere politico bisogna contrapporre altri poteri”, ha dichiarato la presidente Fds Eleonora Artesio, mentre secondo Monica Cerutti, presidente Sel, il dibattito ha assunto un grado di semplificazione sconcertante, con un’attenzione solo concentrata sui costi della politica”. Una tesi confermata anche da Sara Franchino, presidente del gruppo Pensionati, “l’idea che la più alta istituzione democratica, il Parlamento, possa essere sacrificata in nome della spending review è mortificante”.
Il consigliere Fabrizio Biolè (gruppo Misto) ha invece presentato un ordine del giorno, non votato per mancanza del numero legale, che sollecita la ripresa della discussione delle riforme costituzionali in un regime di piena legittimazione del Parlamento, solo dopo una corretta ridefinizione della legislazione elettorale nazionale, che tenga conto delle illegittimità sancite dalla Corte Costituzionale.
Il consigliere Giampiero Leo (Ncd) ha invece denunciato “il dilagare di provvedimenti a livello nazionale che stanno limitando fortemente la democrazia, a cominciare da un Parlamento di nominati e non più di eletti”.
“Sta avanzando un modo di fare politica antidemocratico”, ha proseguito Luca Pedrale (Fi), capogruppo di Forza Italia, che ritiene il documento posto in discussione ambiguo, “ad esempio sul riparto delle competenze, oltre al fatto che i rappresentanti degli enti locali dovrebbero essere scelti dal popolo e non dalle assemblee già esistenti”. “Le riforme importanti si fanno col tempo e non galoppando e quindi non parteciperò al voto”, ha commentato Carla Spagnuolo (Fi).
“Non considero la Conferenza dei presidenti delle Regioni sufficientemente autorevole oggi per elaborare documenti”, ha affermato Angelo Burzi, presidente di Progett’Azione.
“Sono d’accordo sul superamento del bicameralismo perfetto ma non si può legare tutto ai risparmi”, ha proseguito Marco Botta (FdI). “Il vero obiettivo è rafforzare in maniera decisa il centralismo. La riforma del Titolo V ha lo scopo di indebolire le Regioni nella loro materia più importante: la gestione della sanità”.


Un altro schieramento bipartisan ha invece difeso le ragioni a sostegno dei  principi generali del documento sulle riforme costituzionali, sottolineando la necessità di mettere fine al bicameralismo perfetto, migliorando l’efficienza e la celerità del procedimento legislativo.
“Questo provvedimento non è certo un limite alla democrazia – ha commentato il capogruppo della Lega Nord, Mario Carossa. In un mondo in cui è sempre più importante prendere decisioni in tempi celeri la presenza di due Camere con compiti identici non fa che rallentare l’iter legislativo. Tale configurazione venne pensata dai padri costituenti per arginare il pericolo di una dittatura ma non ha più ragione d’essere nel contesto attuale”.
“Questa proposta non vuole abolire il Senato, ma riformare il bicameralismo in modo democratico, affinché si possano avere degli organi che decidono realmente”, ha continuato Aldo Reschigna, presidente Pd.”Ci sono alcuni aspetti del ddl non convincenti ma bisogna discuterne e non negare la necessità di riformare a fondo, ridefinendo le competenze esclusive statali e regionali, ponendo un argine all’eccessivo numero di materie concorrenti”.
“L’esperienza regionalista può essere rilanciata in un quadro più chiaro delle competenze, il rischio di centralismo è incoraggiato solo dal modo negativo in cui si è espresso il regionalismo in questi anni” ha precisato Wilmer Ronzani (Pd).
“Oggi il mondo è cambiato e il bicameralismo è inattuale. Abbiamo bisogno di snellire la democrazia. Se queste scelte fossero votate dal popolo sarebbe meglio, ma sono pienamente favorevole al documento”, ha concluso Giovanni Negro (Udc)

 












 

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Articolo pubblicato il 02/04/2014