EUROPA 2020 E LOTTA ALLA POVERTA’

DAL SOVRANAZIONALE AL LOCALE. IL CASO TORINO

Nel ciclo di seminari “Oltre la crisi? Quale Europa quale Italia” al Centro Einaudi di Via Ponza 4/e a Torino, il convegno EU 2020 LOTTA ALLA POVERTA’ E IL CASO DI TORINO”, a cura dell’Università di Milano, ha presentato una ampia disamina delle risposte della Unione Europea  e degli stati membri alla crisi economico finanziaria e in particolare a  quella dei debiti sovrani. 


 

Accolto come un significativo passo in  avanti nella strategia anti-povertà dell’UE, il target quantitativo di ridurre di 20 milioni le persone in condizione di povertà ed esclusione sociale entro il 2020 incluso nella GRAND STRATEGY EUROPA 2020 (GSE), pare sempre più difficile da raggiungere. Non soltanto la povertà è in aumento in Europa e le misure di austerità adottate in numerosi Paesi Europei rischiano di “uccidere il malato”, ma diversi contributi hanno avanzato dubbi circa l’efficacia della nuova strategia nel contrastare povertà ed esclusione sociale.  


 

L’obiettivo della GSE, che ha sostituito la strategia di LISBONA 2010, era stato salutato inizialmente come un significativo passo avanti per la strategia Europea di contrasto alla povertà che, da decenni, costituisce un tassello fondamentale della dimensione sociale dell’’UE, principalmente per due ragioni:in primis, proprio per il passaggio dalla generica volontà  di sradicare la povertà, al meno ambizioso ma più realistico e potenzialmente incisivo obiettivo quantitativo;in secondo luogo perchè nella nuova strategia, la dimensione sociale e specialmente di contrasto è direttamente integrata nella struttura di governance e coordinamento economico europeo. 


 

A partire dal 2012, il combinarsi della mobilitazione degli attori sociali e istituzionali, specie a livello sovranazionale, con l’aumento generalizzato dei tassi di povertà in Europa, ha portato all’adozione di una serie di decisioni degli organismi comunitari, volte a rafforzare la dimensione anti-povertà e contribuire al raggiungimento del target EU 2020.


La strategia si basa su 3 priorità che riguardano la promozione di una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, a fronte delle quali il Consiglio Europeo ha adottato 5 obiettivi quantitativi, 10 linee guida integrate (IG) e 7 Flagships Iniatives, volte a supportare una vasta gamma di azioni a vari livelli di governo.

Il Consiglio ha inoltre varato il “Semestre Europeo”che integra i processi di reporting e monitoraggio precedentemente connessi al Patto di Stabilità e Crescita e alla Strategia di Lisbona.


I dati sulla povertà in Europa parlano chiaro. Prendendo in esame la media UE e l’Italia vediamo che l’UE migliora il dato del 1995 ( 25,7 milioni di poveri ) perché nel 2012  si attesta a 24,8 milioni, mentre l’Italia peggiora: 1995 (25 milioni ), 2012  ( 29,9 milioni). Da osservare che i dati relativi al 2013 saranno sicuramente in peggioramento.


Cerchiamo di valutare l’efficacia della strategia europea contro la povertà con riferimento all’interazione efficace tra i diversi livelli di governo  e alla capacità di indirizzo degli organismi UE e al coinvolgimento degli stakeholders.

Nei Programmi Nazionali di Riforma ( PNR ), mentre le misure di austerità si accompagnano a livelli di povertà crescenti, la dimensione sociale ha rappresentato un aspetto marginale rispetto alle misure di consolidamento fiscale; sono di fatto assenti una visione di lungo periodo e un corretto bilanciamento degli obiettivi economici, sociali e occupazionali.

La lotta alla povertà si è dunque confermata debole.

La Piattaforma Europea Contro La Povertà e l’Esclusione Sociale non è attualmente in grado di promuovere un efficace coordinamento delle iniziative anti-povertà con le Istituzioni Europee e gli Stakeholders.


Nel 2012  si sono peraltro registrate una serie di iniziative volte all’implementazione e al rafforzamento della strategia di contrasto: tra le principali il Semestre Europeo, con una maggiore attenzione alla dimensione sociale, il rilancio del Metodo Aperto di Coordinamento ( MAC ) e l’introduzione del Social Investment Package ( SIP ). Con quest’ultimo la Commissione mira  a fornire orientamento e sostegno alle riforme nazionali, individuando settori particolarmente adatti a perseguire una strategia di investimento sociale.

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Articolo pubblicato il 24/02/2014