A tutto Sanremo - L'opinione capitolo terzo
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A cura di Maurizio Lorys Scandurra

 

Adesso basta.

 

E' vergognoso come Sanremo sia ormai ridotto a una sorta di "cloaca maxima" dello spettacolo in cui converge il peggio di tutta Italia, anzichè essere un vaso di fiori raffinati fatti di note pulite e altrettanto belle canzoni.

 

Non è possibile che la musica, linguaggio universale per antonomasia dell'umanità, sia svuotata di ogni dignità e senso da chiunque, per motivi più o meno giusti, la sfrutti come veicolo e viatico per dire la propria, fregandosene allegramente delle vere e uniche protagoniste: le canzoni inedite!

 

Risultando così pertanto fuori luogo e inopportuno.

 

Mi riferisco a Grillo e al suo stuolo di piccoli "apostoli" del suo "movimento" .

 

Era il caso di fare tanta caciara da vineria di quartiere davanti al bar del Teatro Ariston con un comizio-invettiva contro la Rai? La Rai che lo rese - sciagurata, ahimè, suo malgrado - malauguratamente popolare, pagandolo anche profumamente all'epoca.

 

La Rai su cui getta fango e che lui stesso, però, scioccamente finanzia - contraddicendosi in fatto - acquistando due biglietti per altrettanti posti in platea al Festival. Biglietti che esibisce come il più retto degli onesti (lui che di condanne, indagini e processi ne sa più di qualche cosa), affermando di averli regolarmente pagati per sè e per il figlio.

 

Che spero vivamente per lui cresca più furbo e intelligente del Trota di bossiana memoria.  

 

Il livore del Grillone è quello vacuo e sordido, sterile, proprio della volpe che non riesce a mangiare l'uva. L'ira di un uomo che in fondo non ha mai accettato di passare dalle stelle alle stalle dello showbusiness (solo colpa sua!).

 

E, come un sacchetto biodegradabile di carta per il pane, ha tentato di riciclarsi in nuova veste: formalmente "politico" - le virgolette sono d'uopo, per chi crede ancora che l'arte classica della polis stia altrove -, di fatto showman incarognito con il mondo che va sbraitando e inveendo contro questo e quello come una sorta di yeti impazzito sceso di corsa dalle Alpi liguri seminando sopresa e scompiglio sino in riva al mare.

 

Ritenendosi senza diritto detentore di chissà quali verità. Se non quella che farebbe bene a stare casa propria, buono e zitto, anzichè continuare imperterrito ad alimentare il già infinito malcontento polare italiano per risolevere il quale non ha mai saputo dare una - dico, una - sola soluzione concreta.

 

Nè lui, nè i suoi seguaci.

 

Fumo, Fumo, fumo, aria fritta e rifritta, inquinata così tanto da far da galleria del vento per i test di prova delle aziende produttrici di aspiratori d'aria! Questo è Beppe Grillo, e mi cruccio di aver già speso sin qui tante parole per nulla sul nulla, scusandomene con chi legge. Andiamo avanti.

 

E basta - vivaddio! - anche alle proteste "spettacolari" - figlie della società dell'immagine - dei lavoratori italiani. I problemi non si risolvono così, con sceneggiate e affini, a meno che uno non sogni un futuron da stuntman.

 

La vita non è un film: tra chi sale su gru, tetti di fabbriche - e qualcuno ci ha anche già più d'una volta rimesso le penne -, è il caso di guastare anche l'ameno mondo delle canzonette, sollievo e sollazzo di un Paese ormai privo di tutto che arriva e arranca stanco la sera, e si ritrova anche davanti al piccolo schermo drammi, pianti, crisi e isterismi, dopo magari una giornataccia nera?

 

Ma c'è di più.

 

La Littizzetto proprio non ce la fa: fatica a contenersi senza per forza doversi abbandonare a linguaggi di basso rango qua e là durante tutta la puntata, infilando una serie di battute in rime scontate e di un'ovvietà deflagrante per ogni cervello all'ascolto che funzioni bene completo di tutti i neuroni, le quali non fanno ridere proprio nessuno di intelligente - tranne chi ha il senso dell'humor, quello vero, di matrice inglese -, per giunta pronunciate con quel tono di voce acuto e martellante, in mises di abiti che sembrano di cartapesta (i carri allegorici stanno già sfilando nelle città italiane).

 

Mi verrebbe da chiedere se ha per costumista un garagista o un elettrauto. Chissà, nei meandri dei misteri sanremesi tutto è possibile... 

 

I cantanti?

 

Arisa continua a cambiare look, i testi di Frankie hi-nrg mc sono più simili a filastrocche per logopedisti, e il rapper torinese cerca di emulare - ma con scarsi risultati - Lorenzo Jovanotti nello stile del canto, se tale lo possiamo definire.

 

Antonella Ruggiero? Perfetta esibizione da soprano lirico leggero, esercizio di stile in due canzoni forse troppo raffinate per il palco sanremese. Difficilmente resteranno nella storia come gli evergreen dei Matia Bazar, compresi i grandi successi dell'ultima formazione guidati dalla bella e altrettanto valente e talentuosa Silvia Mezzanotte, che alla Ruggiero stessa non ha proprio nulla da invidiare, anzi: questo è il prezzo che si paga a voler fare i sofisticati a tutti i costi.

 

E la coppia di vita e musicale Ruggiero-Colombo vola in cieli troppo alti e cerebrali per il piccolo orecchio dell'italiano medio che già fatica a distinguere il suono di un aspirapolvere da quello di una campana.

 

Bravo Raphael Gualazzi con il secondo brano, almeno ha portato un po' di ritmo a una scaletta che stenta a decollare, musicalmente parlando. 

 

La migliore di tutte? L'unica non in gara, perchè con lei non c'è storia per nessuno: Raffaella Carrà, donna e artista senza tempo, sempre equilibrata, mai eccessiva, in grado di fare veramente spettacolo con arte, classe, gusto e quel pizzico di sorpresa che non guasta mai e che ne ha fatto un'icona di riferimento eterna e immortale come una poesia di Leopardi.  

 

Un'ultima considerazione.

 

Il meccanismo delle due canzoni resta inaccettabile per un vero artista: eseguite una dopo l'altra, di fila, così, in bieca e rapida sequenza stile filiera industriale, divengono di difficile percezione da parte del pubblico, al quale arrivano solo superficialmente. 

 

Si annullano al primo ascolto a vicenda, e questo la dice lunga su quanto le canzoni contino a Sanremo (almeno negli ultimi due Festival del finto perbenista Fabio Fazio & Soci: non basta un viso angelico e un buono stile di conduzione per giustificare gli eccessi della co-conduttrice).

 

E' come farsi concorrenza da soli. Poi, un giro di televoto e una canzone finisce dritta nel cestino e nel dimenticatoio, come nulla fosse.

 

Scrivere i successi e farli diventare tali, autorialmente e televisivamente parlando, è ben altra cosa. Poveri artisti, merce di scambio alla mercè dei "maghi" della tv!".


                                                                                                     Maurizio Lorys Scandurra

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Articolo pubblicato il 19/02/2014