SENZA IMPRESA NON C’E’ RIPRESA

Il disagio e l’ allarme degli imprenditori per le dimensioni paurose della crisi economica

Giovedì 12 Febbraio, dinanzi ad oltre 600 imprenditori, al Centro Congressi dell’Unione Industriale di Torino, il Presidente della Confindustria ha concluso forse la più importante assise degli industriali  tenutasi in Italia negli ultimi anni. Abbandonati i toni felpati, sono stati illustrati con argomentazioni inoppugnabili e chiare,dagli stessi estensori, Presidenti di tutte le  associazioni Confindustriali Piemontesi, capitanati dalla Presidente dell’Unione Industriali di Torino Licia Mattioli, i punti cardine dell’appello

Si è trattato di  un ragionato grido di dolore sulla situazione istituzionale ed economica del Paese non più in grado di offrire alcune prospettiva per il futuro, che parte, ancora una volta dal Piemonte. La ripresa, invocata ed enunciata in molte occasione è un alibi per questa classe politica per continuare a fare nulla. I risultati di quest’andazzo sono patiti da imprenditori e famiglie. Le aziende chiudono, si ridimensionano o si trasferiscono in altri Paesi. Diminuiscono i posti di lavoro e la disoccupazione giovanile supera ormai il 40%. Imperversa ed infierisce il fisco e  l’inefficienza , l’accanimento e l’ignavia della burocrazia. Le aziende  ed i cittadini subiscono i costi del non fare. C’è una cultura anti impresa che ormai rappresenta la risposta dello Stato a coloro che ancora hanno il coraggio e la volontà d’intraprendere e di fare.

Non c’è un aspetto che sfugga a quest’analisi. Dall’incidenza del fisco sui costi dell’energia, alla carenza delle infrastrutture, alla rigidità del rapporto di lavoro, che sono causa dell’ormai conclamata diserzione da parte di aziende  e capitali di altri Paesi che vorrebbero investire in Italia.Manca la certezza del diritto ed il burocrate è sempre indenne da censure e responsabilità, quando svolge  pigramente od omette i propri  doveri, con tempi biblici.

In ogni provincia del Piemonte si registrano flessioni considerevoli nella riduzione del Pil  e dei redditi.Da Torino parte una marcia dei quarantamila virtuale che, tramite web unisca imprenditori e cittadini che, rendono pubbliche le proprie negative esperienze. S’impegnano  così a pretendere un indispensabile e profondo cambiamento culturale, una vera “rivoluzione “ di costume, di pensiero e di priorità che riconosca a chi fa impresa, al capitale, al mercato, al talento ed al merito, il valore – individuale e collettivo – che è loro attribuito da modelli sociali moderni, dinamici e di successo.

Mentre nell’aria aleggiava l’eco delle manovre romane atte a detronizzare Letta per insediare Renzi, con una procedura di “alto profilo democratico”, il Presidente Squinzi, a lato del convegno,  ribadiva l’equidistanza di Confindustria da personaggi e compagini politiche. E’ lo Stato ridotto ad un opprimente strumento ostile al cittadino nelle sue più nobili manifestazioni di lavoratore ed imprenditore a creare gli ostacoli che fanno  recedere l’Italia  dall’ambito primato di seconda nazione manifatturiera in Europa .

Il cambio di Governo procede, ma, a prescindere dal dinamismo apparente  di Renzi, come cittadino lo considero il mero scambio di due croste. Non c’è impegno a superare la distanza abissale  tra l’amministrazione pubblica ed il cittadino. Manca un impegno fattivo per la semplificazione burocratica e la certezza dei tempi per quanto concerne la risposta dello Stato e della magistratura alle esigenze del Paese. Le innovazioni in materia di rapporti di lavoro illustrate nei giorni scorsi sono ridicole e non si discostano da una puntigliosa difesa e tutela del ruolo nefasto del sindacato. S’invocano di fatto nuove tasse per colpire il cittadino e continuare nell’affossamento dell’economia e dei consumi.

Solo un’autentica rivoluzione liberale e l’assunzione di responsabilità di Governo da parte di persone che nella vita sono abituate a render conto del proprio operato, potrà rappresentare l’abbandono dal girone infernale. Non ci servono più imbonitori  più o meno screditati, bellocci o canuti e parolai levantini. Servono uomini veri atti ad assumere le proprie responsabilità ed a mettersi in discussione ,quando è ora.

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Articolo pubblicato il 14/02/2014