Nomadi stanziati in corso Vigevano
Foto di repertorio

I rom di Lungo Stura traslocano in case popolari. Ricca: “Torinesi prevaricati”

320 nomadi si trasferiranno nelle social housing di corso Vigevano entro il mese di giugno. E’ quello che prevede il piano del Comune di Torino per lo smantellamento graduale del campo di Lungo Stura Lazio. I nomadi pagheranno un piccolo affitto per le abitazioni che non dovranno essere occupate per più di due anni, a detta del vicesindaco Elide Tisi. La conditio sine qua non è che i capifamiglia accettino di mandare a scuola i figli, imparare l’italiano e garantire cure sanitarie alla famiglia.

Il costo dell’operazione è di 5 milioni di euro, a cui si devono aggiungere i contributi economici, dei veri e propri stipendi da contratto a progetto, per i rom che parteciperanno alla demolizione delle loro baracche in Lungo Stura Lazio.

Al termine dei due anni il Comune provvederà a trovare nuova sistemazione per queste famiglie, come spiega Animazione Valdocco, impegnata nella realizzazione del trasloco. Questo processo si ripeterà, in base alla disponibilità degli alloggi, fino allo smantellamento completo e quindi del superamento del campo.

Notevoli le proteste dei consiglieri comunali di opposizione, a partire dal Nuovo Centrodestra con Silvio Magliano che si augura che i tempi di alloggiamento non si allunghino a dismisura. Dure anche le contestazioni della Lega Nord che con il capogruppo Fabrizio Ricca esprime la propria contrarietà al progetto.

“E’ assurdo che i torinesi disagiati aspettino anni per avere una casa popolare e si vedano superati non solo dai nuovi immigrati ma anche da persone che dovrebbero essere nomadi e quindi non avere residenza fissa”.

La Lega è anche indignata per la cifra spesa per la realizzazione del progetto, che va ad aggiungersi alle altre spese di vario genere sostenute per il mantenimento del campo, ultima delle quali quella per la raccolta straordinaria dei rifiuti, che grava, oltre a quella ordinaria, sulle tasche dei torinesi per 250mila euro.

Fabrizio Ricca (foto) e Roberto Carbonero, l’altro consigliere del Carroccio, avevano già proposto di utilizzare quei 5 milioni per la costruzione di un’area attrezzata con impianti di acqua, luce e gas a pagamento

“così che i nomadi, proprio perché nomadi, possano fermarsi per un periodo massimo di 30-40 giorni pagando i servizi dell’area come in qualunque altro campeggio, dopodiché si spostino da un’altra parte e non tornino sul suolo piemontese per almeno un anno, perché altrimenti non ha senso parlare di nomadi se questi sono in realtà stanziali da anni” spiega Ricca.

“Il modello da seguire è quello dei sinti di corso Unione Sovietica che campeggiano in un’area adibita pagando le utenze”.

Modello che il Comune, almeno per quanto riguarda i primi 320 rom, non sembra intenzionato a prendere in considerazione.

                                                                                                                                  

                                                                                                            Carlo Emanuele Morando

 

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Articolo pubblicato il 04/02/2014