Il mercato criminale dell’ Oro Rosso

Quando la criminalità di importazione si salda con la nostrana

I Telegiornali regionali, nazionali ed i mezzi di Informazione in generale da troppo tempo ci hanno abituati e quasi assuefatti alle segnalazioni di furti di rame sulle linee ferroviarie, negli edifici industriali, civili, pubblici, religiosi, nei cimiteri, ecc.

L’ ultima chicca è del 28 gennaio 2014 per la quasi paralisi della circolazione ferroviaria sul nodo di Torino e precisamente per un devastante furto di rame nei pressi della Stazione Ferroviaria di Moncalieri.

Nella notte “ignoti e meticolosi” saccheggiatori hanno rubato 2.800 metri di cavi, causando un grave danno al sistema di gestione e controllo del traffico ferroviario.

In breve, oltre al rilevante danno, emerge un vero attentato alla sicurezza dei viaggiatori.

L’ ANSA precisa che sono stati coinvolti 51 treni regionali, con ritardi sulle linee Torino – Savona, Torino – Genova, Torino – Cuneo, fino a 25 minuti.

Tutto questo non è una novità, ma purtroppo un evento intollerabilmente ricorrente.

Un dato significativo da memorizzare: l’ anno scorso in Piemonte sono stati trafugati 100 mila chili di rame con un danno che supera il milione  e trecentomila euro, coinvolgendo 800 treni e 250 ore di ritardo.

Proiettando questo dato per le altre Regioni d’ Italia (ed al Sud è anche peggio), c’ è da inorridire per le dimensioni del fenomeno criminale e nel contempo per la dichiarata impotenza delle Istituzioni dello Stato a fronteggiare questa situazione che sembra totalmente fuori controllo.

Ma oltre all’ inflazionato concetto delle Istituzioni dello Stato, che sovente diventa un comodo paravento, chi realmente dobbiamo chiamare in causa e sul banco degli imputati per rispondere di questo stato di cose?

Direi tanti.

In primis la Casta Politicante, incapace ed inadeguata e nella stragrande maggioranza ladra e scellerata, nel legiferare in modo incisivo ed adeguato nei confronti di questa emergenza ormai cronicizzata.

Di seguito una consistente parte della collettività che preferisce chiudere gli occhi davanti a certi episodi, preferendo che siano sempre “altri” ad occuparsene ed a esporsi.

E’ vero che se uno non ha il coraggio, “manzonianamente” non può darselo, ma c’ è anche un obbligo morale che lo impone per la sopravvivenza della civile convivenza.

Per ultimo una minoranza ragguardevole che agita una cultura “permissivista” che trova sempre una causa ed una giustificazione assolvente a tutte le iniziali manifestazioni delittuose, fino a quelle che coinvolgono e si concretizzano in fenomeni sociali patologici e fuori legge.

In sintesi la colpa è sempre da attribuire ad altri, mai a chi delinque  e che, in questa logica, risulterebbe sistematicamente una vittima predestinata di questo ineluttabile meccanismo.

In questo impazzimento di ruoli e di irresponsabilità, per i malintenzionati alle prime armi (uso questo grazioso eufemismo), il fenomeno dei furti di rame (e non solo di questo) si prospetta come una manna gratuita ed irresistibile.

Ma c’ è di più: la criminalità che esegue materialmente il furto (nella stragrande maggioranza sono gruppi violenti di immigrati/clandestini dell’ Est Europeo, ma anche nostrani) si rivolge a “grossisti” dell’ Oro Rosso che intrattengono rapporti commerciali con le Organizzazioni Criminali e Mafiose, che a loro volta sono in grado di indirizzare il prodotto verso le Potenze Economiche emergenti (India, Cina, Brasile, ecc.) la cui domanda sembra inesauribile.

Se il prezzo internazionale del rame, nelle transazioni ufficiali, oscilla intorno ai 7 Euro al chilogrammo, il mercato illegale parallelo offre anche 3,5 Euro al chilogrammo.

E’ evidente che questo interessante differenziale di quotazione alimenta e rafforza sempre di più l’arroganza, la determinazione e la vitalità delle Organizzazioni Criminali.

Pertanto preso atto di quanto sopra, cosa fare?

Da semplice cittadino che ormai rifiuta con ripugnanza questo stato di cose, propongo la “militarizzazione” (e con tutte le regole e ricadute che ne possono derivare) della vigilanza dei punti strategici e sensibili che possono costituire una attrattiva consistente per i “furti di rame”.

Per chiarezza preciso che per “militarizzazione” intendo una “vigilanza armata” che, dopo aver intimato l’ altolà classico ai “sorpresi in flagranza” e nel tentativo di deliberata resistenza e fuga, permetta  .... di sparare!

Come avviene da sempre nelle “zone militari” e precisamente negli obiettivi sensibili come Polveriere, Depositi di Carburante, Zone Invalicabili, ecc.

Infatti non si sono mai registrati tentativi significativi  di furti in queste strutture militari, segno  che l’ ammonimento concreto serve da deterrente.


 

Senza questo “deterrente” supremo, senza questa possibilità legalmente intimidatoria e persuasiva, continueremo in questa indecorosa presa d’atto di questi inaccettabili eventi.

Molti potrebbero rilevare che già esiste una Polizia Ferroviaria, istituzionalmente preposta a questa funzione. Ma questi “molti” sarebbero sicuramente tacitati dai “tantissimi” che osserverebbero che questa attuale soluzione si è dimostrata fino ad ora insufficiente ed inadeguata.

Per quale motivo una Banca ha una vigilanza armata ed un obiettivo “sensibile”, come una linea ferroviaria (od altro di equivalente), non potrebbe averla e questa stessa proposta dovrebbe costituire motivo di scandalo?

La sicurezza o la salvaguardia della vita dell’ utenza ha ancora un valore assoluto, oppure anche questo è messo in discussione? Attentare a questo diritto fondamentale è irrilevante?

A queste domande per ora non ci sono risposte convincenti.


 

Qualcuno potrebbe sostenere che questa è’ una ipotesi troppo cruenta, barbara, evocatrice di riferimenti storico – politici da non riproporre e da archiviare nella peggiore storia recente.

Può darsi, ma la realtà dei fatti è davanti agli occhi di tutti e questa sollecita una soluzione urgente, credibile e concreta.

Sicuramente è una proposta provocatoria per far emergere l’ ipocrisia untuosa dei buonisti a tutti i costi, dei “baciapile” di circostanza, dei giustificazionisti d’ ufficio che, in ultima analisi offrono con discutibile responsabilità, una sponda inopportuna al dilagare della criminalità comune ed organizzata.

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Articolo pubblicato il 04/02/2014