La Terza Rivoluzione Industriale: la stampante 3D
Un modello di stampante 3D (foto di Floris Van Breugel)

Un punto su una delle invenzioni più straordinarie della storia contemporanea, capace di sconvolgere l'intero sistema economico

“Essa potrebbe avere sul mondo un impatto così profondo come lo ebbe l'avvento della fabbrica”. A pronunciare queste ardite parole non è stato un signor nessuno, né un fanatico, né il proverbiale “nerd” o “smanettone”. A pronunciare queste parole è stato uno dei settimanali economici più prestigiosi al mondo, probabilmente il più prestigioso, l'Economist.

 

Le stampanti 3D sono entrate nella finestra del mondo senza fare rumore, quasi di nascosto. Con il passare del tempo hanno preso campo e visibilità, hanno cominciato a uscire dalla nicchia e farsi piano piano apprezzare come una delle invenzioni più rivoluzionarie dl mondo contemporaneo.

 

Non è certo una novità il fatto che le grandi invenzioni abbiano bisogno di tempo per diffondersi, ma ciò nonostante stupisce che nel 2013 della comunicazione immediata, della diffusione mondiale delle informazioni, sia passata quasi inosservata un'idea, divenuta realtà, che potremmo definire utopica: creare oggetti nel proprio ambito domestico, a costi ridotti. Una frase del genere potrebbe sembrare astratta, pertanto merita di un paio di precisazioni: creare “ex novo” (dal nulla), una quantità quasi illimitata di oggetti, nella propria casa, con poco dispendio di tempo e di denaro.

 

La stampa 3D consiste in questo. Si tratta di una macchina (la stampante appunto) in grado di “stampare” oggetti, in base ad un progetto immesso nella macchina (simile al meccanismo della macchina a controllo numerico, ma più semplice). Il procedimento è semplice: si inserisce il progetto, si inseriscono i materiali (dalla gomma alla plastica, al legno, all'alluminio, alla ceramica e alle resine), si aspetta un certo lasso di tempo (variabile in funzione della complessità) e infine si vede uscire dalla macchina il pezzo. Data ovviamente la possibilità di assemblare una moltitudine di pezzi in un prodotto finito, appare chiaro che la complessità di tale prodotto possa raggiungere livelli molto avanzati. Se si aggiunge che questi apparecchi arrivano a progettare a grandi livelli di dettaglio ( fino a un massimo compreso tra 0,005-0,01 millimetri), si può facilmente dedurre in che senso si è parlato di applicazioni “quasi illimitate”: non si parla solo di poter produrre componenti altrimenti difficili da trovare (pensate a piccole parti plastiche di elettrodomestici o giocattoli che, una volta rotte, costringono odiosamente il proprietario a mandare in assistenza l'apparecchio, a scervellarsi per trovare un ricambio, a sostituirlo interamente con costi assolutamente superiori al valore della parte rotta), ma di veri e propri oggetti ad alta complessità: recentemente si sono prodotte automobili, protesti mediche e addirittura una casa. Si stima che nel prossimo futuro sarà possibile creare, con una stampante 3D, un'altra stampante 3D. Senza arrivare a questi veri e proprio prodigi della progettazione domestica, un utilizzatore “amatoriale” può trovare un'infinità di prodotti stampabili: gioielli, giocattoli, guarnizioni, modelli e modellini, contenitori e “porta tutto” di ogni genere, le accennate parti plastiche e così via, fino ad esaurimento idee.

 

Se i costi di questi apparecchi erano fino a poco tempo fa proibitivi, le cose sono recentemente cambiate in vista di una diffusione di massa ( si parte dai trecento euro per arrivare fino a circa mille per gli apparecchi non professionali). E la reazione dei vari “recettori” non si è fatta attendere a lungo: oltre alle sopracitate lodi del “The Economist” se ne sono occupati anche Huffington Post e New York Times, oltre ai “nostri” Sole24Ore e Corriere della Sera. In borsa il successo è stato altrettanto clamoroso, con tassi di crescita medi della azioni costanti, fino a risultati straordinari: le azioni della 3D System volano, da un anno a questa parte, in crescita del 143%.

 

Uno dei nodi più spinosi dell'approccio alla nuova tecnologia riguarda il settore lavorativo, specialmente quello occupazionale. I termini della riflessione risultano piuttosto facili da intuire, nessuno può negare il potenziale impatto devastante di questa innovazione su un mondo che ancora si basa fortemente sul settore secondario. Ma su una riconsiderazione degli equilibri economici a livello internazionale si fonda l'idea di chi, al contrario, vede effetti catastrofici solo su una porzione dei paesi del globo: per esempio l'emergente mondo asiatico, in primis la Cina. Per un paese con l'Italia infatti, si sostiene, questo tipo di produzione è marginale, spesso esternalizzata all'estero (o dall'estero). Il Bel paese, oltre a reggersi prevalentemente su un altro settore ( il terziario) ha visto nella crescita del mercato di certi prodotti (quelli stampabili per esempio), l'erosione del ruolo di grande economia, incapace di competere con paesi disponenti di lavoro a basso costo, specializzati nella produzione di oggetti di basso valore economico (paesi appunto come la Cina). In due parole: questa potrebbe essere una preziosa occasione per l'Italia di concentrarsi sulla produzione di beni ad alto valore aggiunto, cavallo di battaglia del nostro paese (non riproducibili con una stampante 3D) e lasciare che i beni di minor valore vengano creati in nelle case dei cittadini, senza continuare a dare carburante a forze economiche che stanno conquistando il globo proprio grazie alla produzione di oggetti di scarso valore e scarsa qualità.

 

Bernardo Basilici Menini

 

Per un maggiore approfondimento sui prodotti ottenibili delle stampanti 3D si consiglia:

 

http://www.corriere.it/tecnologia/foto/06-2013/3d/oggetti/tutto-quello-che-si-puo-fare-una-stampante-3d-_64afce3e-d37c-11e2-b757-6b1a3e908365.shtml#2

 

Si ringrazia Floris Van Breugel per il materiale fotografico


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Articolo pubblicato il 22/01/2014