Torino, laboratorio politico

Le preziose oservazioni del Professor Gian Carlo Pavetto

 

Caro Direttore, qualcuno ama attribuire ad una città decadente come Torino il ruolo di laboratorio politico. Lo affermano da tempo sia saccenti scrivani, che imperversano quasi ogni giorno, senza alcun contradditorio, sull’unico quotidiano locale, sia personaggi che si dicono intellettuali, inseriti senza altro merito, se non quello della devozione, nel cerchio magico (definizione oggi di moda) che ruota intorno al sindaco che da anni, è sempre un ex comunista od un post comunista, con i risultati che tutti possono constatare. Definendo Torino un laboratorio politico, questi personaggi cercano di far passare il messaggio che in loco si anticipano politiche che poi verranno adottate e sviluppate altrove e non solo a livello nazionale. Se si analizzano con attenzione gli eventi cittadini degli ultimi mesi, dobbiamo però convenire, caro Direttore, che almeno in un caso la città di Torino ha precorso i tempi, è stata innovativa e si merita l’attributo di laboratorio.

E’ quello del rapporto che si è instaurato tra alcuni politici della sinistra piemontese e le grandi banche, con l’istituzione di una nuova casta non rappresentata in passato e decisamente elitaria. Una casta che nasce dalla compenetrazione tra i grandi istituti bancari italiani ed importanti esponenti delle istituzioni governate dalla sinistra postcomunista.

La casta dei sindaci banchieri.

Enrico Berlinguer, acceso assertore della superiorità morale del PCI, al punto da negare i regolari finanziamenti in rubli che il suo compagno e tesoriere Cossutta riceveva dal Cremlino, sarebbe inorridito. Solo qualche anno fa del resto alcuni magistrati democratici avevano giudicato gravemente lesiva dell’immagine di Piero Fassino, un’intercettazione telefonica, pubblicata su di un giornale, che rivelava l’esultazione dell’uomo alla notizia dell’acquisizione di una nuova banca da parte del suo partito.

Ora a Torino tutto è cambiato e ad inaugurare la nuova casta è stato l’ex sindaco Sergio Chiamparino, seguito dopo qualche tempo, dall’attuale sindaco Piero Fassino, che ha visto finalmente soddisfatte le sue aspirazioni.

La militanza nella nuova casta, come chiunque può comprendere, comporta vantaggi non indifferenti. Perché il compagno della casta è libero di scendere o di salire sulla corazzata bancaria, con il plauso e l’ammirazione dei mass media locali, con in prima linea La Stampa. Se decide di scendere, può contare in compenso di un diuturno e stressante impegno di pochi mesi, su di un premio di liquidazione milionario da impiegare nelle sue campagne elettorali. Se decide invece di impegnarsi nuovamente in politica, mantenendo la carica bancaria, che per meriti politici ha potuto raggiungere, non gli farà certo difetto l’appoggio economico e quello dei dirigenti locali e nazionali dell’ente di cui fa parte.

Ci sono purtroppo, caro Direttore, altri settori in cui la nostra città, sta giocando con l’aiuto dei sindacati di estrema sinistra, un ruolo di avanguardia e tende suo malgrado ad affermarsi come innovativo laboratorio. Ne dovremo riparlare.

Cordiali saluti.

 

 

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Articolo pubblicato il 17/01/2014