Lo scapaccione che non mi fece mai del male e nessuno denunciò
Foto d'archivio

Cosa sarà del mondo che verrà lo si scoprirà strada facendo

Eravamo in 50 negli anni 60, ci trovavamo in quella piazza intitolata al traforo del Sempione, era il margine della città, la barriera verso Milano che sembrava lontanissima, chissà dove, di là. Si giocava a pallone in quella spianata, a biglie, a figurine e la bicicletta ce l'avevano in pochi.

Avevamo un bel caratterino, il senso dell'onore, non era facile metterci sotto, bisticciare era quasi un pretesto e non viceversa. Per poche questioni di principio, noi giovani con i calzoncini corti, ci si azzuffava, ma ci si fermava per tempo e il contendente che aveva vinto non infieriva, anzi, minimizzava, nessuno aveva in tasca un coltello, sarebbe stato un gesto da vigliacco.

Era questione di rispetto e poi, in fondo, l'avversario era sempre un amico. Non ci si parlava per due giorni, al terzo non era più successo niente, avevamo troppe e bellissime cose da fare insieme, da inventare e da scoprire.

Ci si divertiva con pochi pezzi di legno,4 cuscinetti a sfera e molta inventiva. Erano gli antenati degli skateboard, e non andavano piano! La contropartita di tutto questo divertimento era il ritornare a casa sempre conciati in un modo indecente, sporchi da fare schifo, e qui viene il bello.

Non contenta dello spettacolo e del figlio da lavare, mia madre, santa donna, mi passava il resto e mi trovavo in punizione.

Ero abituato a queste storie perché ero quello che a quel tempo era semplicemente definito: un ragazzo vivace e per quel ragazzo, 10 h di scuola presso l'istituto salesiano Michele Rua, di via Paisiello erano tante.

I sacerdoti della parrocchia avevano metodi spicci per portare la parola del Signore, però erano comprensibili e molto educativi: bisognava semplicemente essere molto furbi e molto veloci per evitare qualche "benedizione" nel nome di un perdono corporale.

Non so se sono cresciuto furbo, ma veloce si, di sicuro, educato e rispettoso per i genitori e per la gente, amante del mondo, non mi sono imbottito di droga, non sono mai stato avvinazzato. Mi sono pure laureato eppure….

Eppure, mia madre, che era anche una maestra, ogni tanto mi allungava un ceffone, il professore pure, soprattutto il sacerdote che insegnava lettere, di cui ricordo solo il cognome, perché in effetti non ero un angioletto così come non lo era lui. Menava il giusto, non mi fece mai del male.

Tra ragazzi era sempre baruffa, mia madre non ha mai denunciato quelli della famiglia accanto e tanto meno, un'insegnante, anzi, se non aveva buone notizie, mi sgridava per 1200 m, questo era il percorso che si copriva a piedi ogni giorno aspettandoci tra compagni, tra casa e scuola, estate e inverno, nessun fuoristrada nero ci veniva a prendere o portare. E meno male! Ci piaceva correre, strada facendo si proseguiva a giocare.

Da quei giorni rustici che vivevamo tra confronti fisici, giochi ludici e sermoni mistici, il tempo che doveva passare, purtroppo è passato e se oggi ascolto un notiziario, mi rendo conto che davvero, moltissimo è cambiato.

Se un babbo allunga uno scapaccione al suo bambino, rischia tre mesi con la condizionale, ma quel che è peggio, un trafiletto sul giornale; se un insegnante redarguisce un allievo, rischia l'allontanamento. Per non parlare di una denuncia poi da parte della famiglia, che si fa sotto con tanto di avvocato. È proprio vero, il tempo che doveva passare è passato e non vi sono neppure più le zuffe di una volta. Qualche giovane impunito, stupra, violenta e se si arrabbia ammazza. Ci penserà lo psicologo a capire tutto questo.

Beato lui, perché io non ci capisco niente, sono soltanto contento di essere nato nel 54, tempo di poche cose e prima televisione. Non avevamo niente di meglio da fare che giocare, lavorare con le mani, parlarci senza telefonini e, confrontandoci tra di noi e con le cose del mondo, imparare a crescere così come siamo diventati, di certo e imperfetti, ma non riconosciamo più quello che succede adesso in questo nuovo millennio senza più etica, politica, logica e storia. Ci sembra un paradosso!

Cosa sarà del mondo che verrà lo si scoprirà strada facendo, ma nella mia testa, per quanto riguarda un certo percorso che forma il carattere, ebbene mi sembra che ci sia qualcosa che non va… nell'universo fondamentale dell'educazione dei nostri figli e nel concetto di un progresso che forse non sa più dove vorrebbe arrivare, morbida carta igienica di tante novità.

 

 

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Articolo pubblicato il 28/10/2013