Piffetti, il re degli ebanisti, l’ebanista del re
Palazzo Lascaris (Foto d'archivio)

La rassegna inaugurata il 12 settembre a Palazzo Lascaris

Legni di essenze pregiate e raffinati decori contraddistinguono i mobili barocchi di Pietro Piffetti. Al re degli ebanisti ed ebanista di re Carlo Emanuele III, è dedicata la prima rassegna monografica, inaugurata il 12 settembre a Palazzo Lascaris e curata dalla fondazione Accorsi-Ometto.

“Esporre le meraviglie del Piffetti significa riscoprire una pagina importante della storia dell’arte, scritta da un maestro ante litteram del made in Italy, ma anche riconoscere la sensibilità politica che sostenne il suo estro geniale”, ha affermato il presidente del Consiglio regionale Valerio Cattaneo durante la conferenza stampa. “Nonostante la cura prevalente per l’organizzazione militare e burocratica del regno, Casa Savoia non mancò infatti di supportare le arti e la cultura, specie nelle declinazioni che più celebravano la magnificenza del suo potere”.

Alla presentazione della mostra sono intervenuti anche il vicepresidente del Consiglio regionale Fabrizio Comba e Giulio Ometto, presidente della fondazione Accorsi-Ometto, che ha sottolineato il pregio dell’ebanista, la cui arte non è ancora stata rivalutata a sufficienza.

Luca Mana, conservatore del museo Accorsi-Ometto e la storica dell’arte Laura Facchin hanno infine messo in luce gli aspetti salienti del percorso artistico del Piffetti nel contesto del Piemonte sabaudo.

Nella sede del Consiglio regionale sono esposte tre opere fra le più significative della produzione di Piffetti: uno dei due splendidi tabernacoli da un secolo custoditi insieme a Bene Vagienna  e la coppia di stipi del museo Accorsi-Ometto. Questi due armadietti, completamente ignoti fino a qualche anno fa, presentano preziose decorazioni in avorio, sulle quali compaiono pirografate scene tradotte da L’art de tourner en perfection del frate Charles Plumier, che stampato a Lione nel 1701 fu uno dei massimi trattati sulle tecniche di tornitura dell’avorio.

 

L’esposizione prosegue poi nelle sale del museo Accorsi-Ometto. L’occasione nasce dal recente acquisto da parte della fondazione di un raro cofano – forte dell’ebanista torinese. Una sorta di ingegnosa cassaforte, che va ad aggiungersi ai sette capolavori già presenti in museo, a cui sono affiancate più di una ventina di altre sue opere, molte delle quali inedite perché provenienti da collezioni private.

Il percorso espositivo al museo è suddiviso in due sezioni: una dedicata alle più numerose opere profane; l’altra a quelle, assai più rare, di ambito sacro.

Spiccano in particolare un curioso arcolaio, ammirato un’unica volta nel 1963, in occasione della mostra sul Barocco piemontese; un suggestivo dipinto intarsiato, rimasto sconosciuto per 200 anni, e due preziosi cofanetti, uno dei quali di proprietà della Regione Piemonte e in affidamento alla Reggia di Venaria, firmato e datato “Petrus Piffetti fecit et schulpi Taurini 1738”. Chiudono la sezione: uno scrittoio in legno di rosa e avorio del 1760 circa; un paio di cassettoni, tra cui quello in avorio colorato, madreperla e legni pregiati di proprietà del museo Accorsi – Ometto e una serie di raffinati tavolini, alcuni inediti, altri già noti, come il tavolino di Palazzo Madama, eccezionalmente prestato per questa mostra, e impreziosito sul ripiano della mensa da un divertente gioco d’inganno ottico, fatto di oggetti intarsiati in avorio.

La mostra rimarrà aperta nella sede di Palazzo Lascaris fino al 30 novembre 2013, mentre al museo Accorsi-Ometto proseguirà fino al 12 gennaio 2014.

 

 

 

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Articolo pubblicato il 14/09/2013