“Lo Stallo”, esposizione di Gabriele Garbolino Rù al Castello di Castellamonte

Nell’ambito della 53ma edizione della Mostra della Ceramica

Venerdì 30 agosto, a Castellamonte è stata inaugurata la 53ma edizione della Mostra della Ceramica che ha per titolo “Terra di confine”: quest’anno, infatti, il curatore Vittorio Amedeo Sacco ha voluto indagare anche i “territori di confine”, come arte applicata, design, artigianato, non senza uno sguardo su tecnologia, architettura e moda.

La mostra sarà visitabile fino al 29 settembre in quattro palazzi storici di Castellamonte: Palazzo Bottom (Museo della Ceramica), il Castello, Casa Gallo e il centro congressi “Piero Martinetti”.

A questi si aggiungono il Castello di Agliè e la Villa Bertot a Levone.

Dal 21 settembre al 3 novembre, la Mostra avrà una appendice al Palazzo della Regione a Torino.

“Lo Stallo”, questo è il titolo scelto dallo scultore torinese Gabriele Garbolino Rù che espone al Castello, con Carlo D’Oria.

Il tema affrontato da Garbolino Rù, partito dall’idea che la terra di Castellamonte possa rappresentare anche una terra ormai inaridita e disseccata, è quello di un mondo ormai al capolinea, esausto e stremato, non soltanto nelle risorse materiali, ma anche carente di quella forza di volontà che potrebbe indurre una ripresa, pur sempre possibile ancorché remota.

L’opera intitolata “Stallo” consiste di trenta sculture in terracotta che formano una serie di volti immobili come in una scacchiera, cristallizzati nel tempo.

Questi volti sono collocati nella chiesetta sconsacrata del Castello e questo ambiente, ormai decadente e un po’ decrepito, risulta particolarmente suggestivo e contribuisce in modo fondamentale alla rappresentazione di una situazione di stallo tale da indurre un ristagno della volontà collettiva e l’incapacità di assumere decisioni risolutive.

Si potrà uscire da questa situazione di stallo?

Si potrà ritrovare il vigore necessario per vincere l’inerzia?

La scultura “Gasoline”, in ceramica nera, rappresenta un uomo che nuota nel petrolio: la lavorazione della terracotta viene a rappresentare un liquido condensato nelle sue onde concentriche che si allargano sulla superficie e circondano (imprigionano?) il nuotatore.

La situazione del nuotatore non appare certo piacevole ed è emblematica del disagio della società odierna, rappresentato in modo simbolico ma anche con precisi riferimenti alle frequenti cronache di inquinamenti marini.

L’equipaggiamento del nuotatore, la cuffia e gli occhiali, saranno sufficienti per assicurargli nella grave difficoltà qualche possibilità di sopravvivenza se non di successo?

Riuscirà il nostro nuotatore - nel quale non fatichiamo a immedesimarci - a emergere o almeno a non farsi sommergere dal petrolio?

La scultura che porta il titolo “Metallo” consiste di una testa di tigre - ottenuta da una fusione in acciaio - posta su una base di terracotta: la tigre metallica rappresenta una sorta di reperto tecnologico, catapultato in una terra ormai inaridita e disseccata, simbolo di una società ormai al suo epilogo.

La terra arida, però, è stata modellata dalle mani di un bambino e può così ancora darci qualche speranza di rinascita. In questo senso, “Metallo” rappresenta la visione più ottimistica delle opere esposte da Garbolino Rù, anche per l’indubbia valenza affettiva: le mani di bambino che hanno contribuito a modellare la terracotta sono quelle della figlia dell’artista!

La scultura “Metallo” ci ricorda che Garbolino Rù impiega per le sue opere materiali diversi, spazia dalla ceramica al bronzo, all’alluminio, al piombo e alla ghisa, non esita a cimentarsi con metalli che a indubbia potenzialità espressiva contrappongono difficoltà tecniche di fusione.

All’esterno del Castello, Garbolino Rù ha posto la sua opera in alluminio “Moduli per ritratto collettivo”: tre grandi volti che “escono” da una delle facce del rispettivo cubo di metallo.

I tre volti non sono casuali o di fantasia, ma ritraggono tre lavoratori della fonderia che elabora le opere metalliche di Garbolino Rù. Così l’opera “Moduli per ritratto collettivo” viene idealmente a unire il materiale con chi ha contribuito a modellarlo ed a sottometterlo alle idee dell’artista.

Garbolino Rù manifesta da tempo la sua singolare ricerca sui visi e sui corpi, frammentati o enfatizzati, così da trasportare i soggetti raffigurati in una diversa dimensione, parallela e simbolica, fortemente suggestiva e, allo stesso tempo, elegantemente destabilizzante.

Lo scultore non deve essere un semplice riproduttore delle apparenze, come sosteneva lo scultore rumeno Constantin Brancusi, ma un pensatore, quasi un filosofo che esprime la sua epoca con pensieri plastici, tridimensionali.

Nel “Lo Stallo”, la sua esposizione di quest’anno al Castello di Castellamonte, Garbolino Rù ha sicuramente attuato questa idea di Brancusi, presentando ai visitatori opere colte e fascinose, modellate con grande sicurezza e indubbie capacità manuali e che, allo stesso tempo, appaiono non prive di inquietanti declinazioni.

 

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Articolo pubblicato il 10/09/2013