La “Torino noir” vista e narrata da Milo Julini
Giovani

Cattivi comportamenti e malefatte dei giovani torinesi di una volta

Racconteremo varie notizie che riguardano cattivi comportamenti di giovani torinesi nella Torino di metà Ottocento: una ricerca senza pretese di esaustività, che mira semplicemente ad esporre alcune curiose notizie di colore locale torinese.

Iniziamo ricordando i «biricchini di piazza», come li chiama Angelo Brofferio in un suo scritto ormai classico, e sul quale non ci dilunghiamo vista la sua notorietà (Brofferio A., Il biricchino di piazza, «Museo Scientifico, Letterario ed Artistico», anno IX, Torino, 1847; Brofferio A., I  miei tempi, serie seconda, vol. II, Milano, 1863, Cap. III).

 

Ma se noi andiamo a spigolare notizie nella cronaca cittadina e nera dei giornali, dai «biricchini» letterari passiamo ai monelli reali: i cronisti considerano i «biricchini» con un atteggiamento assai diverso da quello di Brofferio e quindi con una scarsissima simpatia e con l’appellativo di «monelli».

 

Che i «monelli» torinesi siano fastidiosi, se non peggio, lo dice anche il Questore di Torino, Giacinto Chiapussi, una settimana dopo la proclamazione del Regno d’Italia, in vista della Pasqua che, nel 1861, cadeva nella domenica 31 marzo.

Il 25 marzo 1861, il Questore Chiapussi fa pubblicare e affiggere un “Manifesto della Questura della Città e Circondario di Torino”, dove si dice che «Nella ricorrenza della settimana Santa è proibito l’uso invalso fra i monelli di rumoreggiare con mazze o bastoni per le vie della Città.

 

Spiega il Questore nel suo manifesto che “L’uso incivile invalso fra i monelli di girovagare a torme nella ricorrente settimana per le vie della città con mazze, bastoni od altri strumenti atti a percuotere, a far rumori e recare molestie ai pacifici cittadini, è assolutamente vietato.

I contravventori od i loro parenti saranno puniti con pene di Polizia. - prosegue il manifesto -

L’Arma dei Carabinieri Reali e gli altri Agenti di Sicurezza Pubblica sono incaricati dell’esecuzione del presente».

Dal Borgo San Donato ci vengono altre notizie di cattivi comportamenti giovanili.

 

Questa notizia, che risale al 1861, evoca scenari che oggi fatichiamo a considerare “torinesi”.

Leggiamo sul giornale «L’Armonia» del 29 maggio 1861: «Disordini in Torino - Il divertimento di scagliare pietre colla fionda ha cagionato domenica sera [26 maggio 1861, n.d.a.] un tafferuglio in Borgo San Donato. Un ragazzo, colto in quell’atto da un carabiniere, doveva render ragione del malvezzo alla giustizia. Ma i parenti del ragazzo fecero violenza, ed un alterco succedette, in cui s’ebbero a lamentare parecchi feriti».

 

Il Regno d’Italia è stato proclamato da circa due mesi, ma in Borgo San Donato si portano avanti col lavoro, sviluppando comportamenti che oggi si considerano tipici di un’italianità deteriore.

Quindici anni dopo, la cronaca nera della «Gazzetta Piemontese» del 22 maggio 1876, sotto il titolo “Canagliume”, deve registrare una sorta di assalto ad una carrozza del tramway a cavalli che percorre via Nizza per raggiungere la Barriera di Nizza (piazza Carducci): la sera precedente, in vicinanza del Giulimosso (piazza Nizza), un gruppo di “giovinastri, forse ubriachi”, ha preso a sassate la carrozza, tutti i vetri sono stati rotti e solo per caso i passeggeri hanno avuto più paura che danno. Due guardie municipali hanno invano inseguito “quei mascalzoni” che si sono dispersi nei campi, dove poi sorgeranno le case del quartiere San Salvario.

 

“Non par vero che succedano a Torino così sconci fatti!” commenta il cronista.

 

Fino ad ora si è parlato soltanto di cattivi comportamenti maschili.

 

Raccontiamo ora, per par condicio, la storia della ragazza con il coltello anziché con la pistola come nel titolo del film di Mario Monicelli del 1968, «La ragazza con la pistola».

 

Narra la «Gazzetta Piemontese» del 19 luglio 1876 che in una casa di via Santa Chiara abita un ferravecchio con la famiglia che conta anche una figlia di vent’anni. Questa ragazza «o per difetto di educazione o per pravità di indole, cerca ogni mezzo di frammettersi, a ciance, con certe donnacce che hanno casa poco discosta dalla sua, e delle quali non occorre indicare il mestiere».

 

Il padre ha cercato di correggerla ma senza risultato; anche se viene sorvegliata dai parenti, la ragazza scivola fuori di casa, specialmente alla sera, e corre dalle sue «pericolose amiche».

Alla  sera del giorno precedente ha fatto la suo solita scappatina e se ne stava passeggiando con tre di quelle «donnacce», quando ha visto avvicinarsi suo fratello, «bravo ed onesto giovane».

 

Lei e le compagne sono fuggite a gambe levate e sono scomparse. Più tardi però la ragazza è ritornata a casa dove, con la massima indifferenza, ha subito i rimproveri del padre.

Poco dopo è arrivato il fratello che «meno paziente e più focoso, menò sul volto della strega due potentissimi schiaffi». Allora la ragazza si è ribellata e, dopo aver tirato fuori di tasca un coltello, si è avventata contro il fratello. Per fortuna è stata trattenuta dagli altri componenti della famiglia e poi disarmata da due Carabinieri che sono accorsi sentendo il baccano dello scontro.

 

Per concludere questa breve rassegna, raggiungiamo il ponte sulla ferrovia del Borgo San Donato.

 

Per rendere comprensibile quanto stiamo per narrare, ricordiamo che il 26 ottobre 1856 è stata aperta la ferrovia Torino Porta Susa-Novara: la stazione ferroviaria è indicata come Imbarcadero di Novara o Imbarcadero di Milano.

Nel volgere di pochi anni si sono aggiunte le linee per Ivrea, Biella e Susa. La costruzione della stazione di Porta Susa nell’attuale piazza XVIII Dicembre è avvenuta nel 1858.

 

Il tracciato della strada ferrata, non interrata, ha creato una frattura fra l’abitato urbano di Torino e il Borgo San Donato. La situazione non è migliorata neppure dopo i lavori per la costruzione di piazza Statuto: la ferrovia per Milano è scavalcata da un ponte che raggiunge il borgo San Donato collegando il corso Principe Oddone con la via Giacinto Carena.

 

Questo ponte, oggi, è stato completamente dimenticato e si conosce la sua esistenza grazie ad alcuni episodi di cronaca nera che denotano la difficile situazione del Borgo San Donato.

Ha certamente più affinità con la nostra attualità un atto di teppismo commesso nella sera del 30 giugno 1877 da un una banda di monelli, dai 14 ai 15 anni, i quali, mentre il convoglio ferroviario passa sotto il ponte del Borgo San Donato, fanno cadere sul treno una pioggia di sassi che per fortuna non provocano feriti.

 

«Che canaglia!» commenta il cronista sulla «Gazzetta Piemontese» del 1° luglio 1877.

Quando si parla di lancio di sassi sulle automobili dai cavalcavia effettuati da giovanissimi che agiscono in gruppo - leggiamo in una pubblicazione dell’Associazione Sostenitori ed Amici della Polizia Stradale - e si cerca di individuare i motivi che spingono a questo comportamento aberrante, «nulla di concreto e di particolare è stato ipotizzato, né forse è ipotizzabile, se non un’aberrazione totale dovuta alla noia, al vuoto esistenziale, alla necessità di un’emozione forte quale può essere l’ebbrezza (o la probabilità) di uccidere».

 

Cavalcavia ed automobili sono invenzioni più recenti ma, evidentemente, l’aberrazione totale dovuta alla noia, al vuoto esistenziale, alla necessità di un’emozione forte sono più antiche, visto che si manifestavano anche nei giovani torinesi del lontano giugno 1877!

 

Abbiamo narrato alcuni episodi tutti imperniati sull’universo giovanile della Torino negli anni fra il 1861 e il 1878, che potremmo riassumere col titolo di una vecchia pellicola del regista Nicholas Ray: «Gioventù bruciata». Datata 1955, il suo titolo originale rende sicuramente meglio il senso dell’opera: «Rebel without a cause» - Ribelle senza una causa - interpretata, fra gli altri, dall’irrequieto James Dean.

 

I giovani son sempre gli stessi, si dovrebbe commentare dopo aver letto, seguendo la facile scia del giudizio tranchant che evita grattacapi come la psicologia e la sociologia, atte ad avvicinare al meglio delle umane possibilità di comprensione un universo, quello giovanile, da sempre contraddistinto - in determinate condizioni - da eccessi comuni a tutte le epoche storiche, seppur quelli qui descritti risultino decisamente contenuti rispetto agli eccessi e alle inerzie spirituali che caratterizzano le generazioni degli ultimi quarant’anni.

 

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Articolo pubblicato il 04/09/2013