Riforme
Silvio Berlusconi mima il tentativo di silenzio imposto

Le riflessioni di Paolo Pastore

Ancora un'estate ad argomentare di un solo problema. Ancora un'estate ad argomentare di un solo uomo. Come l'araba fenice, Silvio risorge continuamente dalle proprie ceneri e accentra su di sé l'attenzione mediatica e politica della nazione; è proprio la contrapposizione tra i Berlusconiani e chi ravvisa le vere urgenze (economia e lavoro) che contribuisce a immobilizzare l’operatività del parlamento e di tutto il paese.

Si continua a discutere dell’uomo, della sua innocenza o della sua colpevolezza, in un dibattito infinito in cui ognuno propone una propria tesi, in cui motivazioni, ripicche e sfide non producono soluzioni concrete.

Non riusciamo ad uscire da questo circolo vizioso. Da 20 anni, bloccati dalla polemica berlusconiana, non affrontiamo il vero problema: la giustizia.

Il mondo è cambiato, così come sono cambiate le criticità da affrontare sia per il potere legislativo che quello giudiziario (nuovi reati finanziari, necessità di uniformare le politiche fiscali internazionali, il recepimento automatico delle normative europee, privacy,  ecc.).

Si sono create anche nuove opportunità (informatizzazione, internet e telecomunicazioni, internazionalizzazione del commercio, nuovi mercati di sbocco e nuovi servizi, ecc.), ma sia il Parlamento che i Tribunali hanno rincorso gli eventi con interventi sporadici, non strutturati e  inadeguati, accumulando venti anni di ritardo sulle reali esigenze del mondo produttivo e sociale.

Non dobbiamo infine dimenticare gli  eclatanti casi di sentenze di primo grado completamente ribaltate ei giudizi successivi di appello, che danno la percezione di un relativismo giuridico-giudiziario che non dipende dalle norme ma dall’interpretazione delle stesse da parte degli organi giudiziari.

Per questi (e molti altri) motivi, nella percezione dell’opinione pubblica, la distanza tra legalità e giustizia si è ampliata in maniera esponenziale. La sensazione  che l’applicazione delle  leggi non corrisponda al reale sentimento di giustizia ha portato a criticare il sistema giudiziario, con casi di rifiuto delle sentenze e contrapposizioni  ad un sistema considerato ormai privo di autorevolezza e credibilità.

Ancora una volta potremo additare la responsabilità alla politica, ma mi sento nella tranquillità di affermare che le colpe sono diffuse e rispecchiano in pieno le caratteristiche di una società abituata a criticare (in genere gli altri…) ma scarsa di proposte.

Berlusconi (e le Cassandre come Grillo…) non lo si affronta demonizzandolo, ma cercando di dare delle risposte alle istanze che produce, spostando il problema dall’uomo al nodo della questione: la riforma della giustizia.

Una  riforma che va pensata per i cittadini  e per le nuove esigenze,  realizzata col contributo degli organi giudiziari - e  non contro i giudici -  a cui si abbini la capacità del potere legislativo di affrontare gli argomenti in maniera organica (con testi unici) anziché con provvedimenti sporadici e onnicomprensivi che nascono dall’urgenza di un decreto.

Una rivoluzione che preveda una maggiore specializzazione dei tribunali, che vanno dotati di strumenti adeguati per affrontare le nuove complessità, e che riveda il sistema delle responsabilità e degli errori: banalmente  un sistema credibile ed efficiente.

Quando inizieremo a fare questo avremo risolto non uno ma due problemi: la giustizia e Berlusconi.

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Articolo pubblicato il 24/08/2013