I Giganti di Vinadio
L'ingresso del Forte Albertino

Arte contemporanea davanti al Forte Albertino

La fortificazione di Vinadio (CN) ha richiesto undici anni di lavoro che si sono tradotti nel più illustre capolavoro d'ingegneria militare dell'arco alpino.

I lavori per l'edificazione della fortezza voluta da Carlo Alberto ebbero inizio nel 1834 e si conclusero nel 1847 con due anni di interruzione dal 1837 al 1839. Lunga in linea d'aria all'incirca 1200 metri, fu costruita a ponente del paese; i tre fronti, superiore, attacco e inferiore, si snodano su altrettanti livelli di camminamento per circa 10 km. 

Mai teatro di particolari eventi di guerra, ha l'imponenza di grande opera del genio militare e costituisce un'attrazione turistica e storica di grande spessore culturale. I lunghi anni di abbandono sono stati colmati dell'intervento sinergico della Regione Piemonte che con la collaborazione del Comune di Vinadio e dell'Associazione Culturale Marcovaldo ha ridato al Forte Albertino l'antico storico splendore. 

Un recupero importante che purtroppo non è riuscito a liberarsi della costruzione, risalente agli anni '50, che è direttamente confinante con il muro della fortezza e sporge abbondantemente deturpando un'immagine che, ancora prima delle opere di recupero, segnava profondamente il territorio aggiungendo alle bellezze naturali circostanti il fascino del non troppo lontano passato storico.

Alla perplessità su come la Sovraintendenza alle Belle Arti abbia trascurato questo affronto alla maestosità dell'opera si aggiunge lo stupore che destano le due enormi sagome poste all'ingresso del Forte che vorrebbero raffigurare i "Giganti" Battista e Paolo Ugo nativi di Vinadio, alti due metri e quaranta, che alla fine degli anni '800 partirono per Europa e America per fare attrazione in teatri e circhi.

Le due figure, realizzate dall'artista scozzese David Mach, sono realizzate con un tubo d'acciaio ritorto in spirali. Un'opera, per noi, a dir poco discutibile anzi che ci ricorda i poids lourd, i giganti della strada, gli autocarri cioè e gli pneumatici dei medesimi nella raffigurazione dell'omino Michelin, il Bibendum. 

Le due opere fanno comunque parte di un itinerario artistico (?) che unisce sei comuni italiani e sette francesi sulla congiungente fra Digne e Caraglio.

Queste le nostre considerazioni che non desiderano influenzare un qualsiasi giudizio bensì suscitare, in primis, una riflessione sul deturpamento del patrimonio architettonico nazionale degno della massima considerazione sempre e senza "dimenticanze" di comodo. 

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Articolo pubblicato il 19/08/2013