“Trebbia day” a San Giorio di Susa

Sfilata ed esposizione di trattori d’epoca

Sabato 10 agosto 2013, a San Giorio di Susa, è iniziato il “Trebbia day”, una festa della trebbiatura nata, come si legge nella locandina della manifestazione, dall’idea e dalla volontà di stare insieme come un tempo di un gruppo d’Amici ‘d San Geuri, con la collaborazione della Pro Loco di San Giorio, della Società Filarmonica Concordia e con il patrocinio del comune di San Giorio.

Sabato 10 agosto la manifestazione è iniziata al mattino con la sfilata di mezzi agricoli d’epoca e di figuranti in costume contadino. Il percorso si è snodato attraverso le strade principali del paese, partendo dalla zona delle “Cumbe” per arrivare nella piazza Neuva dove, alle 11, è stata piazzata la trebbiatrice ed è iniziata l’esposizione di trattori d’epoca.

La trebbiatura, eseguita con macchinari d’epoca, è iniziata nel pomeriggio.

Domenica 11 agosto, nel pomeriggio, la trebbiatura è continuata, in un ambiente che intendeva ricostruire il modo di vivere di un tempo. Così, in una ampia tettoia, è stato allestito un punto di ristoro, ribattezzato la “piola contadina”, arricchita da una piccola mostra di fotografie e di “contadinerie” come basti da cavallo, una elaborata frusta, falci, pietre per affilare, carretti agricoli, un piccolo aratro ed altro ancora. Su tutto svettava la bandiera della Cooperativa tra Operai e Contadini, fondata nel 1922 a San Giorio di Susa.

Sotto questa bandiera, la Società Filarmonica Concordia, valido complessino di fiati e fisarmonica, ha valorosamente suonato numerosi ballabili: anche se il programma prevedeva “accompagnamento musicale tra qualche bicchiere di buon vino e tanta voglia di far festa”, nessuno dei presenti ha accennato il minimo passo di danza e nemmeno un applauso ha gratificato i suonatori!

Pezzo forte del “Trebbia day” era l’esposizione di trattori d’epoca detti “a testa calda”, molti ancora con ruote in metallo.

I motori del tipo “a testa calda” sono così chiamati perché per avviarsi richiedono il preventivo riscaldamento del motore, ottenuto con un apposito cannello alimentato da una bombola a gas.

Sono motori monocilindrici, a bassa compressione, con cilindrate da 4.000 a 11.000, utilizzavano gasolio ma anche qualsiasi olio vegetale, e offrivano vantaggi di robustezza, semplicità d’uso e facilità di manutenzione: “Si fa tutto con due chiavi inglesi!”.

Molti degli esemplari in mostra appartengono al dottor Enrico Croletto, medico veterinario dirigente di Area A della ASL di Susa che al suo ruolo di primario di sanità pubblica affianca la passione di collezionista di trattori d’epoca e di aratri.

Croletto ci ha raccontato che questa sua passione è nata in lui dieci anni or sono, dopo assidue frequentazioni di queste manifestazioni contadine: anche se nato e cresciuto in Val di Susa né lui né la sua famiglia aveva mai posseduto un trattore.

L’esemplare più antico della sua consistente collezione è un trattore della ditta Orsi di Tortona, del 1933. Il più grazioso ci è parso un trattore a tre ruote, di un bel colore rosso, prodotto dalla ditta OTO di La Spezia, poi diventata la Oto Melara, oggi più nota come produttrice di armamenti militari.

Va precisato che l’uso dei trattori nell’agricoltura italiana si è diffuso soltanto nel dopoguerra perché in precedenza questo mezzo era impiegato soltanto in grandi aziende agrarie di pianura, le uniche che potessero permettersi le spesa piuttosto elevata dell’acquisto.

Numerosi gli esemplari della collezione Croletto che provengono dalla ditta Landini di Fabbrico, in provincia di Reggio Emilia. Questa ditta ha iniziato la produzione di trattori a testa calda nel 1924, nel 1934 ha messo in produzione il “Superlandini”: questo nuovo trattore ha avuto un grande successo commerciale. Era il più potente trattore dell’epoca prodotto in Italia, con 48 cavalli, e la produzione è proseguita anche nel primo dopoguerra.

Nel periodo fascista, a suo modo, il trattore ha partecipato alla “battaglia del grano” voluta da Benito Mussolini: nel 1935, la Landini ha messo in produzione un trattore più piccolo, con 25 CV di potenza e un peso di soli 2.300 kg, chiamato “Velite”, termine che indicava i soldati romani con armamento leggero e usato, in epoca fascista, come titolo di riconoscimento per chi si era distinto nella battaglia del grano.

Il “Velite” ha ottenuto grande successo nelle vendite, tanto che la Landini è diventata la prima ditta produttrice di trattori agricoli in Italia. Il nome bellicoso di “Velite” è rimasto anche nel dopoguerra, ormai svuotato del suo significato originario e un trattore di questo tipo, con ruote gommate, è stato utilizzato nel corso del “Trebbia day” per far funzionare la macchina per sgranare il mais.

Il collezionismo dei trattori e delle macchine agricole è molto simile a quello delle antiche automobili ma, attualmente, appare meno blasonato e disciplinato.

Prevede il recupero di esemplari spesso ormai inservibili, abbandonati e malandati, con impiego di pezzi originali, eseguito da meccanici che si sono specializzati in questo tipo di restauro. Il mercato dei pezzi di ricambio e, in generale, tutti i contatti fra i vari collezionisti sono stati molto favoriti da Internet.

Le occasioni di esporre i pezzi collezionati sono numerose, le manifestazioni “contadine” sono piuttosto frequenti: Croletto ci ha spiegato che alcuni dei suoi trattori, dopo San Giorio, saranno trasferiti direttamente in un altro comune valsusino per una analoga festa di piazza.

Questi benemeriti collezionisti hanno salvato un importante “pezzo di storia” dell’agricoltura italiana e, con la loro disponibilità ad esporre, contribuiscono a farlo conoscere anche a quei tanti e tanti “cittadini”, giovani e vecchi, che sanno a malapena che il latte è prodotto dalle bovine e che la frutta nasce sugli alberi e non nelle cassette del supermercato.

Questo museo itinerante della tecnologia impiegata in agricoltura dovrebbe però essere meglio contestualizzato e valorizzato nel corso delle manifestazioni, perché il pubblico, purtroppo, appare spesso svagato e distratto, troppo incline alla battuta di spirito banalizzante.

Tutto questo non premia l’impegno dei collezionisti.

Quella di San Giorio era la prima edizione della manifestazione: si può migliorarla e, molto sommessamente, ci permettiamo di consigliare per il futuro agli organizzatori di coinvolgere maggiormente il pubblico mediante un valido presentatore che illustri le varie fasi del lavoro, le caratteristiche tecniche dei macchinari esposti, l’epoca e il contesto socio-economico del loro impiego, sia pure in modo accattivante e succinto.

È un ulteriore impegno, ma darà sicuramente un valore aggiunto per qualificare il “Trebbia day” evitando che, con la generica definizione “come una volta”, si alimenti l’idea di una mitica età dei “mulini bianchi”, con contadini felici che lavorano cantando…

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Articolo pubblicato il 14/08/2013