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Solstizio d’inverno
Foto creata da Fabio Mandaglio
Questo anno ricorre il 22 dicembre
Articolo di Armeno Nardini
Pubblicato in data 20/12/2023

Tempo di lettura: 5 minuti.

 

Da un tempo, di cui non abbiamo memoria, il Sole ogni giorno sorge e tramonta in un punto progressivamente diverso del nostro orizzonte. Ma, nell’imminenza della festività liturgica del Battista, il San Giovanni che la Chiesa celebra il 24 di giugno, il Sole pare fermare il proprio cammino. Così è pure intorno al 27 dicembre, festività liturgica dell’altro Giovanni, l’apostolo che ci ha lasciato il Vangelo più intrigante.

 

Poiché il nostro calendario non è perfetto, né tale diviene per l’aggiustamento del bisestile, il solstizio invernale, che vede avvicendarsi il giorno più corto alla notte più lunga, si colloca tra il 20 ed il 23 di dicembre e quest’anno cade il 22. In questo periodo, quando sembra diventato inarrestabile il progredire delle tenebre, il Sole ritrova l’orgoglio dei forti, esce dal decadimento nel quale stava lentamente scivolando e, dopo un breve momento di stasi, torna sovrano a dispensare il dono della vita.

 

In ogni luogo della Terra i popoli hanno sempre celebrato il “dies natalis Solis invicti”, come dicevano i nostri Padri, il giorno natale del Sole invincibile. Non stupisce, quindi, che al solstizio invernale le tradizioni leghino anche la nascita di alcune divinità emblematiche, quali Apollo ed Ercole, ad esempio, Mitra e Zarathustra, Dioniso e Samhein. Di Samhein, la tradizione celtico-irlandese tramanda che risuscitò dalla morte dopo tre giorni; mentre di Dioniso sappiamo che “subito dopo la sua sepoltura risuscitò dalla morte e salì al cielo”, come dice Macrobio nei suoi “Saturnalia”, in cui ci parla delle grandi feste, che si celebravano a Roma intorno alla seconda metà di dicembre. All’incirca nello stesso periodo, il mondo anglosassone si dedicava ai festeggiamenti di “Alban Artuan”, letteralmente “festa della luce”, intesa dai più come “luce di Artù”, poiché si riteneva che questo re leggendario fosse nato nel giorno del solstizio d’inverno.

 

Il fenomeno fascinoso del Sole, che riprende il suo fulgido cammino nell’arco celeste, e quindi trionfa sulle tenebre, quando sembrava che queste stessero per avere il sopravvento, ha influenzato anche il mondo cristiano. La nascita di Gesù di Nazareth, infatti, è anch’essa ricondotta al tempo del solstizio d’inverno pur se il Nazareno, secondo alcuni studiosi, pare sia nato invece in primavera. Anche il Figlio di Dio, Dio egli stesso, è risuscitato secondo le Scritture, ma la resurrezione di Cristo, permeata di contenuti di una intensa religiosità, supera di slancio le resurrezioni dei riti pagani, e proietta i credenti in lui, nel misticismo di una deità capace di sedurre anche i non credenti.

 

Gli Ermetici attribuiscono ai solstizi il significato simbolico di “porte” attraverso cui si passa a senso unico per andare dal basso all’alto, dalla terra al cielo, dal micro al macrocosmo. Attraverso la porta del solstizio d’estate si accede al flusso energetico che fa maturare i frutti della terra e ne ritempra gli esseri che la popolano. Attraverso la porta del solstizio d’inverno si accede alla luce che sconfigge le tenebre, al calore che scioglie le nevi, al risveglio della Natura e al rifluire delle linfe vitali.

 

Nelle antiche tradizioni esoteriche, il solstizio d’estate, che segna l’ingresso del Sole in Cancro, è la “porta degli uomini”, essendo questo, infatti, il tempo dell’uscita dalle latomie cosmiche. Invece il solstizio d’inverno, che segna l’ingresso del Sole in Capricorno, è la “porta degli dei”, da cui si passa per andar fuori dal buio delle caverne cosmiche, verso il livello superiore della consapevolezza.

 

I solstizi, più di altri fenomeni astrali, assumono quasi universalmente forti valenze simboliche, le quali si manifestano però in modo diverso fra le genti, essendo diverse le culture. I Romani, ad esempio, hanno chiamato Giano Bifronte a custodire le porte solstiziali. Il dio aveva due facce; di queste, si dice che una guardasse il passato, l’altra l’avvenire. I Cristiani, invece, hanno chiamato due Giovanni a presidiarle: il Battista, che chiude il ciclo legato alle Tavole di Mosè, e l’Evangelista, che apre il ciclo legato alle Parabole di Gesù.

 

Il parallelismo esoterico tra la fenomenologia astrale e il divenire dell’uomo passa attraverso tre momenti natali: la nascita fisica, quella psichica e infine la spirituale. La nascita fisica dell’uomo avviene di norma in luoghi appartati, in ambienti nascosti agli sguardi indiscreti. Queste sono anche le caratteristiche delle latomie, delle caverne, delle grotte, le quali, proprio per ciò, favoriscono l’interiorizzazione dell’essere, che lì vive, e ne supportano la sua rinascita psichica, stigmatizzata dal passaggio attraverso la “porta degli uomini”: il solstizio d’estate. La composizione delle antinomie tra l’Io e gli Altri, consente all’uomo di abbandonare la sfera psichica e, attraversata la “porta degli dei”, al solstizio d’inverso, rinascere ancora, meglio rigenerarsi, potendo infine così attingere a quell’ordine spirituale nel quale ogni problematica individuale trova soluzione nella condivisione di intenti con tutti gli altri. È lo stadio, è lo stato, della libertà assoluta: il settimo livello dei chakra, per gli induisti; il settimo cielo per i cristiani.

 

La rigenerazione cosmica del Sole, astro nato fisicamente nella notte dei tempi, rimanda alla rigenerazione spirituale dell’uomo che, nato fisicamente nel buio della insipienza, ha saputo farsi luce con la fiaccola della introspezione fino alla nuova alba della conoscenza. In fondo, le sottili trame che legano un tempo all’altro, un contesto sociale all’altro, muoiono ogni giorno e ogni giorno risorgono, come il Sole, nuovo sì, ma sempre uguale a sé stesso.

 

Non c’è niente di nuovo sotto il Sole.

 

Si vales, valeo.

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