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Geopolitica
Israele: l'Inferno terrestre
La parte più forte e dura dell'Occidente è sotto attacco. In questi giorni drammatici si configurerà il nostro futuro destino.
Articolo di Luca Fiore Veneziano
Pubblicato in data 12/10/2023

Il numero delle vittime continua ad aumentare dopo l'attacco a sorpresa e su larga scala di Hamas contro Israele sabato scorso.

C’è già chi parla di un nuovo 11 settembre, inteso come preludio di una nuova stagione di attentati e guerre estese su larga scala.

Attualmente ci sono migliaia fra morti e feriti, con due italiani ancora dispersi. Purtroppo, il numero di morti potrebbe aumentare poiché le truppe israeliane, impegnate nella liberazione dei vari insediamenti al confine con la Striscia di Gaza, continuano a trovare cadaveri di civili. L’altro giorno sono tati ritrovati dei bambini decapitati, come a ricordarci che all’orrore di Hamas non c’è mai fine.

Dopo il discorso del presidente Benjamin Netanyahu, il Gabinetto di sicurezza israeliano ha votato ufficialmente per autorizzare attività militari risolutive e significative. Il Paese è ufficialmente in guerra. Sempre più carri armati si stanno spostando verso la Striscia di Gaza con l'obiettivo principale di liberare il territorio israeliano dai miliziani di Hamas ancora presenti. Il portavoce delle forze di difesa israeliane, il contrammiraglio Daniel Hagari, ha dichiarato che le truppe stanno lavorando per trovare e uccidere i terroristi e che nelle ultime ore sono state catturate dozzine di persone sospettate di appartenere a Hamas.

Giustamente il governo di Tel Aviv ha dichiarato di avere a che fare con “animali umani”, indicando con ciò che userà tutte le armi a sua disposizione per sconfiggere un nemico così brutale, non dissimile dall’Isis o da Al-Qaida.

Nelle ultime ore il governo israeliano ha annunciato di aver attaccato "tre centri di comando dei terroristi". Secondo i media di Tel Aviv, Ayman Younis, uno dei leader di Hamas, sarebbe stato ucciso durante i raid. Il presidente iraniano Ebrhaim Raisi elogia l'azione del gruppo armato palestinese e sostiene il loro diritto alla legittima difesa contro il "regime sionista" e i suoi sostenitori, che sono responsabili dell'instabilità nella regione.

Sicuramente l'attacco di Hamas a Israele e le conseguenti turbolenze sui mercati potrebbero avere un impatto negativo sulla tendenza al ribasso dei prezzi dei carburanti.

L'operazione Tempesta-Al Aqsa, portata avanti da Hamas, ha ricevuto il supporto di Teheran. L’Iran, infatti, aveva tutto l’interesse affinché Israele, unica parte dura dell’Occidente, venisse colpita e indebolita. L’intento era di allontanare l’Arabia saudita da Tel Aviv, in modo tale da alimentare ulteriormente l’isolamento di Israele nella regione.

Mai come in questo momento lo stato sionista è stato così debole. In molti si chiedono come sia stato possibile un simile attacco di Hamas all’interno di un paese con uno dei servizi di sicurezza più efficienti al mondo.

Molto ha giocato il fattore divisivo interno a Israele, il quale vede, sin dalla sua nascita, una eterogeneità difficile da compattare, se non con un nemico esterno percepito (da qui si evince la non volontà israeliana di appianare definitivamente il conflitto con gli arabi limitrofi).

Alle divisioni interne di natura etno-religiosa (arabi musulmani, ebrei ortodossi antisionisti, samaritani, nazionalisti askenaziti contro quelli sefarditi), si aggiunge anche la divisione politica. Mai come in questi tempi lo stato israeliano e la sua società si è lacerata al suo interno. La magistratura e parti considerevoli delle Forze armate sono profondamente avverse a Netanyahu, il quale è accusato di voler accentrare i poteri su di sé, per creare una dittatura teocratico nazionalista.

L’Iran ha approfittato di queste debolezze israeliane, e del fatto che il suo alleato storico, gli Stati Uniti, è fortemente indebolito e diviso anch’esso. Per Teheran l’occasione era ghiotta. Nella storia del Medio Oriente è la prima volta che un’organizzazione terroristica mette in ginocchio Israele. L’assalto è stato sistematico e coordinato. Avvenuto su più fronti, il raid arabo non ha lasciato scampo alle sue vittime e ha penetrato e colpito Israele da ogni punto.

La risposta di Tel Aviv non si farà attendere. Il Premier israeliano ha dichiarato che il volto della Palestina non sarà più lo stesso.

La potenza militare sionista è sicuramente in grado di risolvere i suoi problemi interni con Hamas e con la Palestina piuttosto in fretta. C’è da chiedersi però se riuscirà invece, visto il suo numero esiguo di soldati, di risolverli con i vicini Paesi arabi. Numericamente molti di più, e ora, come nuovi alleati dei BRICS, supportati da Russia e Iran.

Inoltre, Israele deve affrontare un nuovo fronte settentrionale, poiché Hezbollah ha attaccato le postazioni israeliane nella zona di confine in solidarietà con la resistenza palestinese. La situazione è estremamente tesa, ma gli Stati Uniti sono intervenuti in aiuto di Israele. Il presidente Biden ha contattato Benjamin Netan per annunciare ulteriore sostegno, e il capo del Pentagono, Lloyd Austin, ha specificato che saranno fornite rapidamente attrezzature e risorse aggiuntive, inclusi i rifornimenti di munizioni. Gli aiuti cominceranno ad arrivare nei prossimi giorni. Inoltre, gli Stati Uniti sposteranno velivoli e navi, tra cui la portaerei Gerald R. Ford, nel Mediterraneo orientale.

Tutto il mondo arabo festeggia sul sangue di bambini, donne e anziani innocenti. Ci si prepara ad un’escalation del conflitto. Tuttavia, rimane un errore valutativo pensare a questa guerra come all’ennesimo conflitto arabo-israeliano.

Questi fatti, uniti a quelli ucraini, si inseriscono in un quadro ben più ampio di conflittualità. Le quali vedono il contendersi lo scettro del mondo fra le tre maggiori potenze militari: Russia, Cina e Stati Uniti.

Nuove guerre e attentati ci aspettano. Presto potremmo vedere anche da noi questo genere di atrocità. Il numero di residenti musulmani aumenta a dismisura. L’Europa è stracolma di nuovi tagliagola. La sicurezza nazionale è allo stremo. La situazione potrebbe precipitare da un momento all’altro. Questa volta è il caso di dire che Israele siamo noi.

 

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