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Cronaca
L’EDITORIALE della DOMENICA di CIVICO20NEWS – Enrico S. Laterza : Poveracci i vecchietti
Con la demolizione sistematica della (in)Sanità pubblica, malaticcia, vampirizzata da quella privata, ai “grand’anziani” non straricchi resta solo la “cacotanasia”
Articolo di L'Editoriale
Pubblicato in data 03/09/2023

La Penisoletta dello Stivaletto nostro non pare un Belpaesello per giovanotti, ma tantomeno per vecchietti (No Country for Old Men, citando il titolo del famoso film dei fratelli Cohen, tratto dall’omonimo libro di McCarthy).

Alle soglie dell’era ciberobotica artifintelligente, si persevera a raccontare la storiella di una leviatanica giga-economia ipercapitalista che ha bisogno di divorare masse sterminate di braccianti per manodopera digitale, da reperire costi-quel-che-costi, fomentando bibliche trasmigrazioni intercontinentali e incentivando la natalità (con taccagne sovvenzioni alle famiglie numerose, inutili elemosine che giovano solo a chi, in devoto ossequio al precetto del Profeta, già figlierebbe comunque parecchio) in un Pianeta dalle risorse limitate, allo stremo della tolleranza eco-climatica e leggermente sovrappopolato, con 10 miliardi di brulicanti ed inquinanti abitanti nel prossimo 2030 (fonte ONU); sarebbe invece consigliabile un’adeguata pianificazione demografico (rammentate che, secoli addietro, le battagliere paladine femministe propugnavano la contraccezione per affrancare la donna-madre dal giogo paternalista-maschilista, rivendicazione che per le velate mogli maomettane sembrerebbe non valere?), nonché un dignitoso, cospicuo incremento dei salari – e non dei salariati –, magari tassando i presenti e futuri “lavoratori sintetici”, androidi, learning machine e sistemi informatici generativi, per compensare la futura curva pensionistica montante e migliorare le condizioni esistenziali dei cittadini, con una maggiore impulso agli acquisti, che spinga il pil ad una crescita vigorosa, nell’ambito di una società davvero evoluta, in cui la longevità sia implementata qualitativamente, non in quantitativo aumento di durata della “pena” da scontare in hac lacrimarum valle, e non sia declinata dunque in un drammatico problema, bensì rimi con opportunità (lo slogan sarebbe “dare vita agli anni, non anni alla vita”).

Miseria e malasanità. Con gli incessanti ta/gli e la demolizione deliberata del disastrato SSN pubblico a favore del privato (sul modello americano), che lo vampirizza, ormai è la ex classe-media sul lastrico a soffrire il martirio, non gli emarginati delle fatiscenti periferie ubane: nella fase in cui all’età avanzata si abbina il normale ineluttabile arretramento della salute, per chi non ha i soldoni per prenotare una suite al Gemelli o al San Raffaele son guai seri!

Pianto e stridor di denti. (Lc. 13, 28)

I poveri sono poveri – e peggio per loro –; a noi può dispiacere, ma niente di più”, sentenziava l’impettito Henry Wilcox dalle pagine del romanzo Howard End (1910) di Forster.

Tipicamente, il pauroso calvario dei “grandi anziani” (orribile espressione iatrolessicale gerontoburocratica dell’Asl) comincia con una caduta – ad evangelica immagine e somiglianza del Salvatore – e/o un’operazione chirurgica con successiva “riabilitazione”, raramente riuscita, cui sovente segue la tragica farsa della “continuità assistenziale domiciliare”, ossia gettare la croce di ogni sostegno, spesa, terapia e responsabilità su un familiare, novello Simone di Cirene, sinistramente battezzato caregiver (il termine anglofono cela sempre una tremenda fregatura italica), che rischia l’esaurimento da stress fisico-mentale e morbi gravi, ove non infausti; il bilancio statale, però, risparmia assai, considerando che un degente in nosocomio costa all’incirca dai 1.500 ai 5.000 euro al dì… Invece, non un centesimo bucato di contributo al disgraziato per pagare una badante. Magari molte palanche alla camorra calabra.

Seconda stazione: al momento della “non autosufficienza”, non rimane che la triste opzione del ricovero in RSA (per non dire ospizio), specie di struggente struttura di-strut-ta spesso dalla penuria di risorse, dall’avidità dei gestori e dal trattamento “improntato a somma parsimonia” (eufemismo), dalla carenza e scarsità – o scarsezza – di personale professionale, frequentemente demotivato e svogliato, inadeguato, incompetente o addirittura, in taluni contesti, inumano (ovviamente, con le eccezioni virtuose che confermano la regola). Questi luoghi, poi, durante la pandemia, si erano involuti da case di (eterno) riposo in circondariali, cioè prigioni improprie (e nessuno dei politicanti giustamente preoccupati per i carcerati, condannati ex lege, è andato a darci un’occhiata!): il virus dell’abbandono ha sconfitto il covid nella gara di letalità.

Nel frattempo, colà forse non si sono accorti che tua madre stava perdendo completamente la vista; forse non si sono accorti che non aveva la forza di parlare, tranne che per mo-no-sil-la-bi (e che fatica comunicare con mamma!); forse non si sono accorti che, non essendo stata abbastanza esercitata a deambulare, presto, per atrofia muscolare degli arti, distorsione della colonna vertebrale e fragilità corporea, non era in grado di camminare e – per sicurezza, naturalmente – doveva essere stabilmente allacciata alla sedia-a-rotelle; forse non si sono accorti che si era ridotta ad uno scheletrino pelle-e-ossa di 35 chili scarsi… 

Terza tappa (penultima): nel nero cuore della notte squilla il cellulare, coll’attesa e temuta chiamata d’urgenza, panico, illusione e rassegnazione; la salita al Golgota assume l’aspetto di una discesa agli infericodice arancione – del pronto-soccorso, corridoio ingombro di barelle e lamenti (Europa o Africa?), diagnosi che non offre scampo, “parcheggio” della paziente in pre-agonia nella saletta attigua, strapiena anch’essa; dopo varie prove – interminabili, dolorose –, non riuscendo a ricavare l’ingresso endovenoso per la flebo, rinunciano a somministrarle farmaci, integrazione di alimentazione e idratazione, lasciando in pratica che, nell’arco d’un periodo non breve, giunga lo sfinimento e la fine per fame e per sete: vietata l’eutanasia, la cacotanasia (brutta morte) s’impone.

L’epilogo: in un’ennesima mattinata da incubo insonne mentre sfibrato e affranto reggi la mascherina dell’ossigeno che vigile silente cosciente ansimante per la polmonite tenta di togliersi dalle narici irritate e col fazzolettino impregnato d’acqua le bagni le labbra riarse si affastellano nel tuo cervello stanco atroci calme angosce dubbi memorie pensieri senza punteggiatura… con la certezza inconfutabile di aver sbagliato quasi tutto a ciascun singolo bivio di scelta pur avendo osservato le prescrizioni e i consigli medici ti domandi sarò stato un buon figlio ecco adesso si agita chiede di rigirarla sul fianco chiama aiuto aiutami e boccheggia e sente mancarsi il fiato e spira

Sarà trapassata dal buio della cecità alle tenebre dell’oltretomba?…

Speriamo nella Luce perpetua.

Quando, per inverso parto, diparte

colei che mi mise-al-mondo

e nutrì di sé,

resto orfano inerme 

in prima-linea, esposto

alla falcidia.

 

Enrico S. Laterza 

 

 

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