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Cultura
Le origini del Capodanno
La storia e le tradizioni dietro una comune festa civile
Articolo di Luca Fiore Veneziano
Pubblicato in data 01/01/2022

Tutte le società umane, quando il ciclo stagionale si ripete, celebrano i riti per l'inizio di un nuovo anno: si assiste così a una nuova origine del mondo, a una sorta di rinascita della natura e degli uomini. Già nel 191 a.C. il capodanno fu fissato dai Romani il 1 gennaio. La mezzanotte, (per i romani, come per noi, l’inizio di un nuovo giorno), è il momento culminante dei festeggiamenti per l'ultimo dell'anno e l'inizio del nuovo.

Il capodanno ha origini romane. Inizialmente era collegato al dio Marte e veniva festeggiato a Marzo, il primo mese dell’anno per i romani; celebrando il risveglio della vegetazione. Durante questo primo capodanno si spegnevano i fuochi nel santuario di Vesta con l’acqua della fonte sacra a Giuturna, moglie di Giano, quindi con legni sacri il fuoco veniva riacceso e venivano sostituite le fronde d’alloro nella reggia. Poi i sacerdoti Salii portavano in processione gli Ancilia, le undici copie dello scudo piovuto dal cielo, fra di esse vi era anche quello vero.

Successivamente, il capodanno dei romani d’oriente era invece collocato il primo di settembre, giorno in cui, secondo un calcolo biblico, sarebbe cominciato il mondo (l'anno 0 bizantino iniziava il 1º settembre del 5509 a.C) . Ad Amalfi, antica repubblica marinara di origine bizantina, ancora si festeggia. Mentre in Russia, nella ‘Terza Roma neobizantina’, si festeggiò fino al tempo di Pietro il Grande. Ancora oggi in lingua sarda il mese di settembre si chiama ‘Cabudanni’, un chiaro esempio di eredità culturale del tempo dei Giudicati sardi (giudici e governatori bizantini dell’isola).

Da sempre il passaggio annuale è stato interpretato come un segno e una volontà divina da festeggiare.

Tuttavia, molti non sanno che per i nostri antenati i tempi della natura e delle stagioni, spesso associate alle religioni, venivano dai romani minuziosamente regolati dal diritto, anch’esso per loro oggetto del ‘sacro’.

Fu così che fu istituito ufficialmente il Capodanno civile di Gennaio, con la legge “Acilia de intercalatione”, che si richiamava alla tradizione instaurata dal secondo re di Roma, Numa Pompilio (primo Pontefice romano della Storia).

Questa festività fu fissata il 1 gennaio nel 191 a.C. dal pontefice massimo, la più alta autorità religiosa della Roma antica.

Per altri invece il cambiamento ci fu nel 153 a.C. , quando il console Quinto Fulvio Nobiliore, eletto console a Dicembre come consuetudine, in quanto i consoli venivano eletti durante questo mese, anche se entravano in carica alle Idi di Marzo, chiese ed ottenne dal Senato di poter entrare in carica immediatamente, dato che doveva domare la rivolta dei Celtiberi in Spagna. Secondo questa teoria da quella volta la sua eccezione divenne la regola e da allora l’anno iniziò sempre il primo di Gennaio. Per altri invece fu Giulio Cesare nel 46 a.C. , con la sua riforma del calendario a stabilire che al primo giorno di Gennaio corrispondesse il Capodanno.

Durante questo nuovo Capodanno erano i consoli a dare il nome al nuovo anno e il via alle celebrazioni; infatti consultati i sacerdoti e ricevuti gli auspici favorevoli potevano indossare la toga pratexta e ricevere la salutatio.

Iniziava quindi la solenne processione aperta dai littori e diretta al Campidoglio, dove i consoli ricevevano l’acclamazione pubblica, sacrificavano un toro bianco ed esprimevano i ‘vota publica’, ovvero i voti per il benessere dello stato durante la loro magistratura (la Salus Pvblica). Gennaio era anche il mese dedicato al dio Giano bifronte che guarda indietro all’anno appena concluso e avanti a quello a venire. In suo onore, durante questa festa, il Pontifex Maximus offriva a Giano farro con sale e una focaccia fatta con cacio grattugiato, farina, uova e olio per propiziare la benevolenza del dio sui campi e i raccolti. In quel giorno non si faceva vacanza, anzi gli atti lavorativi avevano un valore rituale e quindi i romani facevano l’atto simbolico di lavorare per qualche ora per poi tornare a festeggiare. Il tutto secondo le prescrizioni di Giano, il quale affermò, come riporta il poeta Ovidio: "Consacrai al lavoro l'anno che appena comincia affinchè non sia l'intero ciclo ozioso".

Ma il dio che si celebrava in chiusura dell'anno era però Saturno: durante la festività dei Saturnalia di dicembre i padroni cucinavano per gli schiavi e servivano loro suntuosi banchetti. Era il periodo dei contrari, con i servi nel ruolo dei padroni, le donne in quello degli uomini, i bambini al posto degli adulti. “Semel in anno licet insanire” (una volta l'anno è lecito impazzire): erano le eccezioni che confermavano le regole, perché ogni cosa nei giorni seguenti potesse andare avanti come prima.

Feste sfrenate, danze e scoppi di petardi caratterizzano i festeggiamenti. Il baccano con campane e campanacci, le fiaccolate, il lancio della roba vecchia dalle finestre servono per scacciare i demoni e la mala sorte. Quindi, anche i cosiddetti 'botti' di fine d'anno sono volti ad allontanare dalla vita familiare spiriti maligni che non sopportano i rumori secchi: per questo si sparano i mortaretti, che sostituiscono il frastuono di strumenti rimbombanti, suonati un tempo per lo stesso scopo. Si compie così l'espulsione rituale delle ombre, dei vampiri, dei morti pericolosi che fino alla grande festa potevano invadere la società dei viventi. In tutte le culture si ritiene che i rumori fragorosi e scoppiettanti possano allontanare i demoni. Nel capodanno cinese botti, mortaretti e fuochi d'artificio sono l'elemento fondamentale.

Le danze sono presenti in tutte le società umane come riti che danno inizio a una nuova stagione, riportano la fertilità della terra e la fecondità degli umani. La stessa euforia dionisiaca dello spumante ci riporta alle feste propiziatrici della rigenerazione ciclica della natura, legata all'abbondanza di cibo divorato, ai vestiti speciali, agli incontri amorosi.

La danza infine richiama il ballo 'saltato' eseguito dai sacerdoti Salii nell'antica Roma: più alti erano i salti a suon di musica, più alto e robusto sarebbe cresciuto il grano nella bella stagione.

Oggi a capodanno si mangiano le lenticchie perché si dice che favoriscano simbolicamente la ricchezza: ogni lenticchia sarà una moneta d'oro! Una tradizione contadina vuole che si indossi qualcosa di vecchio, qualcosa di nuovo e qualcosa di rosso: l'indumento vecchio simboleggia l'anno che se ne va, il nuovo l'inizio, il rosso la fecondità e la fertilità.

Nell'antica Roma, il primo giorno del mese (in latino calendae, da cui il nostro calendario) di gennaio era abitudine offrire del cibo simbolico a Giano (solitamente una focaccia), per propiziare l'influenza benefica del dio sulla natura e sui futuri raccolti.

I Romani invitavano gli amici a pranzo per scambiarsi un candido vaso di miele con datteri e fichi secchi: "Perché l'anno che inizia sia dolce", dice ancora il poeta. I fichi, detti strenae ? da cui il nostro strenna ? erano accompagnati da foglie d'alloro, come augurio di fortuna e di felicità. Le foglie e i ramoscelli erano raccolti nel bosco sacro della dea Strenia e ornavano anche le porte degli edifici più importanti, come il tempio di Vesta, le Curie, le case dei flamini maggiori (sacerdoti).

Nell'Italia meridionale è rimasta questa usanza: per capodanno si regalano fichi secchi avvolti in foglie d'alloro. Il dono affonda le sue radici nelle più elementari regole sociali, è la modalità culturale per allacciare e mantenere relazioni costanti. Nel grande gioco sociale non venivano dimenticati i defunti, che dall'aldilà portavano regali ai bambini: ancora oggi in molte parti della Sicilia sono i morti che portano i doni.

 

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