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L’uomo, i misteri e l’ignoto
Una storia vecchia come il mondo ma … 2di2
… da riscrivere periodicamente alla luce della coscienza che matura.
Articolo di Pietro Cartella
Pubblicato in data 17/08/2021

Come anticipato nello scorso articolo entriamo ora nel senso della storiella, ricordando che ogni cosa può essere letta in modi diversi anche se le leggi che la governano restano inalterate.

Così, anche in questo semplice racconto ciò che leggerete non è che una tra le tante possibili letture. Ognuno potrà quindi proporre e proporsi la propria.

 

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“Una donna ed un uomo, avendo intuito di dover percorrere una certa strada per giungere alla meta della loro intuizione, mossero da diversi punti di partenza fino ad arrivare nello stesso istante sulle rive di un lago”.

 

Come accade normalmente nella nostra esistenza, poiché si dà spesso per scontato che un uomo e una donna devono o possono formare una coppia, partendo dalla propria nascita essi seguono per un certo periodo la propria strada; poi, rendendosi conto che occorra trovare una ragione di vita o anche solo una condizione esistenziale soddisfacente, muovono i propri passi verso qualcosa di desiderato o percepito. Ad un certo punto si incontrano, apparentemente in modo casuale e, colpo di fulmine, vengono attratti l’uno verso l’altro. Questo primo contatto provoca una specie di completamento momentaneo, una specie di unione che fa la forza, completamente astratta dal resto del mondo, un innamoramento dell’idea di sé stessi insieme all’altro come sufficienti a spiegare il senso dell’esistenza. Ecco che davanti a loro si presenta un lago calmo, una superficie liscia, ma che purtuttavia non è percorribile se non con un mezzo adeguato. Ma che ne è della meta intuita?

 

“Ci volle poco a capire che la loro meta era al di là del lago.

 

Poco distante dalla riva una barca ondeggiava mollemente sulle onde. L’uomo si immerse nell’acqua (non per cavalleria ma perché il desiderio della donna spinge “sempre” l’uomo all’azione) e, raggiunta la barca, la trascinò a riva.

 

Ed il mezzo è là, davanti a loro. Essi però non sanno ancora nuotare (nel mare della vita) e la profondità del lago è già importante al punto che la donna non potrebbe raggiungere la barca senza immergere la testa nell’acqua. Allora deve essere l’uomo che, spinto incoscientemente dal desiderio nato da loro e attivato dalla donna, prende l’iniziativa e grazie al fatto di essere fisicamente più alto, può raggiungere la barca, trascinarla a riva e permettere anche alla donna di salirvi.

 

Quindi invitò la donna a salire, essendoci posto per entrambi.

Saliti che furono, la barca si mosse seguendo la corrente che si dirigeva verso l’altra sponda del lago (loro non dovevano fare niente, solo lasciarsi trasportare, esattamente come avviene nella nostra vita in cui, una volta nati, sono gli eventi che ci muovono inconsapevolmente)”.

 

Ora che sono entrambi sulla stessa barca, c’è ben poco da fare. Presi dai sensi, dalla loro vicinanza, vivono all’interno della barca come se il loro mondo fosse circoscritto ad essa, fosse tutto lì, fosse prevedibile, programmabile, gestibile. Intanto però la barca della vita si muove trasportata dalla corrente del lago, che, anche se impercettibile, calma e senza scossoni, costringe la barca e loro a seguire un percorso, una rotta, fino al punto in cui toccheranno la riva opposta.

 

“Ebbero quindi tutto il tempo di stare vicini mano nella mano.

 

Giunsero sulla riva e abbandonarono la barca per proseguire a piedi attraverso il bosco che si parava loro innanzi”.

 

Scesero quindi dalla barca che fu abbandonata sulla riva e pensarono di essere vicini alla meta.

 

“Iniziarono il nuovo percorso tenendosi ancora mano nella mano, ma, giunti nel folto del bosco, non fu più possibile proseguire insieme.

 

Dove poteva passare la donna, più piccola e leggera, non poteva passare l’uomo più alto e pesante. E dove l’uomo poteva superare un precipizio, essendo dotato di più ampia e potente falcata, la donna rischiava di precipitare nel vuoto”.

 

Cercarono ancora di proseguire mano nella mano come si erano abituati a fare nel periodo precedente, ma si resero ben presto conto che la situazione era cambiata radicalmente: mentre prima potevano stare fermi uno vicino all’altro intanto che un mezzo li trasportava (essere innamorati è come trovarsi sulla stessa barca senza bisogno di considerare le proprie caratteristiche e differenze, accumunati da quell’unica caratteristica simile che prima o poi cambierà), ora dovevano muovere ognuno i propri passi in un ambiente le cui caratteristiche non permettevano più di stare mano nella mano (dopo l’innamoramento, dopo la temporanea sospensione dell’azione delle forze del mondo che agiscono in ciascuno provocando reazioni diverse a causa delle specifiche caratteristiche di ognuno, esse tornano a farsi valere. Ognuno deve quindi rispondere in tempi e modi propri; non è più possibile adottare tempi e modi esattamente uguali; in sintesi, ognuno deve affrontare le proprie prove, secondo le proprie caratteristiche, tempi, modi e necessità).

 

 

“Dovettero quindi seguire due diversi sentieri.

 

Ebbero però l’accortezza di aspettarsi reciprocamente, di non perdere il contatto visivo o uditivo … non si sa mai”.

 

Non significa però necessariamente doversi lasciare definitivamente, perdersi di vista, pensando di non essere più adatti, necessari l’uno all’altro, o addirittura d’ostacolo. Infatti al cambiamento delle necessità imposte, occorre adeguarsi intelligentemente e con tranquilla disponibilità ed apertura in reciproco rispetto dell’altrui cammino. Questa è l’età adulta che richiede una presa di coscienza delle diversità complementari, delle necessarie diversità che permettono le corrette risposte ai quesiti che l’esistenza pone.

 

“Ed ecco che giunsero in vista della meta intuita, una grande e meravigliosa radura piena di fiori, ruscelli, animali, alberi da frutto e tutto quanto pensabile e di più ancora”.

 

Tutto ciò, però, non basta ancora, non è la meta e non è sufficiente per raggiungerla. È una situazione necessaria, ma non sufficiente in sé. Se si persevera, se ci si attende e non ci si perde d’occhio, si arriva insieme alla prova finale, al salto quantico. Solo che …

 

“Solo che per arrivarci occorreva superare un precipizio le cui pareti verticali erano lisce, senza alcun appiglio. Come fare?

 

Guardandosi intorno, videro che l’unica cosa utilizzabile era un asse di legno, la cui lunghezza era appena poco meno del necessario per coprire lo spazio tra i due lembi di terra sicura.

 

A dire il vero c’era anche un altro asse che sarebbe andato bene, ma si trovava sull’altra sponda, dove cominciava la radura. Forse l’uomo avrebbe potuto raggiungere con un balzo la radura e poi, recuperato l’asse, porgerlo alla donna come aveva fatto con la barca, ma il rischio era troppo elevato e nel caso in cui il tentativo fosse fallito, l’uomo sarebbe perito sfracellandosi e la donna non avrebbe comunque potuto raggiungere la meta. Non si persero d’animo e accesero il fuoco per riscaldarsi durante la notte”.

 

Posti di fronte alla prova finale prima di raggiungere la metà, maturati dall’esperienza e dalla perseveranza, disposti ad aiutarsi reciprocamente, essi sono consapevolmente pronti ad affrontarla nell’unico modo possibile.

 

“Al sorgere del sole l’uomo prese l’asse corto e lo sporse sopra il precipizio per un certo tratto. Poi, dopo essersi posto all’estremità sicura per fare da contrappeso, disse alla donna di inoltrarsi sull’asse sporto sull’abisso fino all’altra estremità da cui avrebbe potuto agevolmente, con un saltello, balzare sull’altra riva.

 

Lì avrebbe recuperato l’asse più lungo e facendolo scorrere sopra l’altro avrebbe permesso di congiungere le due rive in modo che l’uomo potesse percorrerlo a sua volta”.

 

Ancora una volta la donna si deve fidare dell’uomo; entrambi si devono fidare prima di una intuizione e poi di un pensiero, del potere razionale del vero pensare, ma … e questa è la cosa più importante … anche l’uomo si deve fidare della donna (dell’anima) perché una volta arrivata nella radura essa sarebbe già in salvo e potrebbe lasciare l’uomo dove si trova.

Perché quindi dovrebbe aiutarlo?

Perché solo con la riunione del corpo, dell’anima e dello spirito ogni essere umano può vivere davvero. Solo così quanto ognuno dei due ha intuito può essere realizzato.

 

“Entrambi giunsero alla propria meta … e vissero” (qualcuno aggiunge felici e contenti, ma quei pochi lo fanno sottovoce).

 

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Ovviamente non accade così a tutti e sempre, perché evidentemente occorre tenere conto di tutti gli aspetti funzionali ed imprevisti che si sperimentano passando dal dire al fare in ogni istante della vita.

 

Occorre quindi non sottovalutare nessuno di questi aspetti senza però diventarne schiavi incoscienti o per scelta scellerata. Agire sconsideratamente porta a tutte quelle conseguenze di cui le pagine della cronaca sono piene. Non ci sono rimedi né scorciatoie per acquisire quel minimo equilibrio che permette di affrontare la realtà in ogni suo aspetto.

 

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Nel prossimo articolo osserveremo alcuni di questi aspetti.

 

grafica e testo

pietro cartella

 

 

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#illusione e realtà
#senso della vita
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