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L’uomo, i misteri e l’ignoto
Una storia vecchia come il mondo ma … 1di2
… non ancora del tutto ben compresa.
Articolo di Pietro Cartella
Pubblicato in data 15/08/2021

Ci sono cose si danno per scontate come se fossero sempre state così e quindi tutti le conoscano e le comprendano. In parte, forse, è anche così, però non tutti le comprendono allo stesso modo. Quando affermiamo che un albero è verde siamo abbastanza certi che nessuno abbia dubbi in proposito. Tuttavia per un daltonico non è così e neppure per un cieco. Questa divergenza è abbastanza facile da accettare perché si associa la loro diversa percezione delle cose ad uno stato alterato dei loro sensi.

Ma è molto più difficile ammettere che chi sia perfettamente equipaggiato sensorialmente possa similmente divergere da una visione delle cose condivisa dalla moltitudine degli esseri umani quale evidenza incontestabile.

 

Una di queste evidenze è relativa alla differenza esistente tra donna e uomo, incluse tutte le sfumature che in essa si declinano. Ed è così che nascono tutti quegli equivoci forieri di indignate proteste da ambo le parti, quando non addirittura pretesti per crociate estemporanee e duelli all’ultimo sangue.

 

Poco o tanto, nessuno sfugge alla regola. Acculturati o ignoranti, tolleranti o intransigenti, possibilisti o assolutisti, anche se conformati nei modi di comportarsi che vanno per la maggiore, sotto sotto ognuno culla la propria differenza di posizione rispetto a tutto ciò. Non potrebbe essere diversamente, poiché, anche se tutti gli esseri umani sono simili, non possono e non devono essere necessariamente uguali. Ci mancherebbe! Non devono per forza essere uguali neppure due gocce d’acqua, due sassi, due mele o due cammelli. Anzi, la differenza, potenziale o manifesta, è in essenza ciò che permette la presenza di quella tensione che nasce dal confronto tra aspetti diversi delle stesse cose o cose diverse e spinge al cambiamento, motore della vita.

 

Tuttavia la differenza non contraddice mai le leggi fondamentali che restano le stesse anche se sviluppate in modi differenti, tutti legittimi e aventi dignità intrinseca.

 

Questa necessaria e molto riduttiva premessa introduce l’argomento che tratterò ancora una volta: i rapporti tra donna e uomo allo stato dell’arte. Per cominciare userò una storiella che circola dalle mie parti da tempo immemore. Successivamente ne vedremo gli sviluppi ed implicazioni.

 

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Una donna ed un uomo, avendo intuito di dover percorrere una certa strada per giungere alla meta della loro intuizione, mossero da diversi punti di partenza fino ad arrivare nello stesso istante sulle rive di un lago.

 

Ci volle poco a capire che la loro meta era al di là del lago.

 

Poco distante dalla riva una barca ondeggiava mollemente sulle onde. L’uomo si immerse nell’acqua (non per cavalleria ma perché il desiderio della donna spinge “sempre” l’uomo all’azione) e, raggiunta la barca, la trascinò a riva.

 

Quindi invitò la donna a salire, essendoci posto per entrambi.

Saliti che furono, la barca si mosse seguendo la corrente che dirigeva verso l’altra sponda del lago (loro non dovevano fare niente, solo lasciarsi trasportare, esattamente come avviene nella nostra vita in cui, una volta nati, sono gli eventi che ci muovono inconsapevolmente).

 

Ebbero quindi tutto il tempo di stare vicini, mano nella mano.

 

Giunsero sulla riva e abbandonarono la barca per proseguire a piedi attraverso il bosco che si parava loro innanzi.

 

Iniziarono il nuovo percorso tenendosi ancora mano nella mano, ma, giunti nel folto del bosco, non fu più possibile proseguire insieme.

 

Dove poteva passare la donna, più piccola e leggera, non poteva passare l’uomo, più alto e pesante. E dove l’uomo poteva superare un precipizio, essendo dotato di più ampia e potente falcata, la donna rischiava di precipitare nel vuoto.

 

Dovettero quindi seguire due diversi sentieri.

 

Ebbero però l’accortezza di aspettarsi reciprocamente, di non perdere il contatto visivo o uditivo … non si sa mai.

 

Ed ecco che giunsero in vista della meta intuita, una grande e meravigliosa radura piena di fiori, ruscelli, animali, alberi da frutto e tutto quanto pensabile e di più ancora.

 

Solo che per arrivarci occorreva superare un precipizio le cui pareti verticali erano lisce, senza alcun appiglio. Come fare?

 

Guardandosi intorno, videro che l’unica cosa utilizzabile era un asse di legno, la cui lunghezza era appena poco meno del necessario per coprire lo spazio tra i due lembi di terra sicura.

 

A dire il vero c’era anche un altro asse che sarebbe andato bene, ma si trovava sull’altra sponda, dove cominciava la radura. Forse l’uomo avrebbe potuto raggiungere con un balzo la radura e poi, recuperato l’asse, porgerlo alla donna come aveva fatto con la barca, ma il rischio era troppo elevato e nel caso in cui il tentativo fosse fallito, l’uomo sarebbe perito sfracellandosi e la donna non avrebbe comunque potuto raggiungere la meta. Non si persero d’animo e accesero il fuoco per riscaldarsi durante la notte.

 

Al sorgere del sole l’uomo prese l’asse corto e lo sporse sopra il precipizio per un certo tratto. Poi, dopo essersi posto all’estremità sicura per fare da contrappeso, disse alla donna di inoltrarsi sull’asse sporto sull’abisso fino all’altra estremità da cui avrebbe potuto agevolmente, con un saltello, balzare sull’altra riva.

 

Lì avrebbe recuperato l’asse più lungo e facendolo scorrere sopra l’altro avrebbe permesso di congiungere le due rive in modo che l’uomo potesse percorrerlo a sua volta.

 

Entrambi giunsero alla propria meta … e vissero.

 

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Nel prossimo articolo entreremo più profondamente nel senso di questo racconto.

 

grafica e testo

pietro cartella

 

 

 

 

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