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Cronaca Internazionale
La Cina si appresta ad invadere Taiwan
La guerra delle “due Cine” : Pechino accelera le tempistiche per una possibile invasione di Formosa
Articolo di Luca Fiore Veneziano
Pubblicato in data 08/04/2021

Isola di Formosa

Qui si rifugiarono nel 1949 i nazionalisti di Chiang Kai-shek sconfitti da Mao Zedong durante la guerra civile cinese, elevando Taipei a capitale della Repubblica di Cina. Tale denominazione è ancora usata ufficialmente dal governo taiwanese, malgrado solo 17 Stati al mondo (Santa Sede inclusa) riconoscano la sua sovranità. 

La Repubblica Popolare Cinese, dal canto suo, considera l’isola una sua regione e vorrebbe riprenderne il controllo.

La riunificazione consentirebbe alla Repubblica Popolare di usare Taiwan come scudo dagli attacchi navali dei suoi rivali a sud-est, di incrementare l’assertività militare nel conteso Mar Cinese Meridionale e di “rompere” la prima catena di isole, che ostacola il suo accesso all’Oceano Pacifico. Allo stesso tempo, gli Usa vedono in Taiwan un elemento con cui danneggiare il soft power di Pechino e una piattaforma da cui potenzialmente attaccare la Cina continentale.

Al momento, governo e popolazione taiwanesi non sono disposti alla riunificazione.

Pechino usa bastone e carota per interagire con Taiwan.

Dal 22 al 25 marzo, il presidente cinese Xi Jinping ha condotto nel Fujian la sua prima ispezione dopo le sessioni annuali del Congresso nazionale del popolo e della Conferenza politica consultiva del popolo cinese. La provincia è simbolica per due ragioni. Primo, si trova davanti a Taiwan. Secondo, qui ha preso piede la carriera politica di Xi. Durante il tour, il presidente sostiene che la Repubblica Popolare “dovrebbe promuovere l’integrazione (tra Cina continentale e isola di Formosa) tramite la comunicazione, i benefici, le emozioni e avere il coraggio di esplorare nuovi tipi di integrazione e di sviluppo a cavallo dello Stretto”. Tradotto: Pechino dovrebbe cercare nuovi modi di persuadere i taiwanesi ad accettare l’unificazione, vista l’opposizione del governo e degli abitanti di Formosa. Il giorno dopo la visita di Xi, l’Esercito Popolare di Liberazione ha condotto la più imponente incursione aerea di sempre nello spazio aereo taiwanese. Otto bombardieri e quattro caccia si sono avvicinati alla porzione sudoccidentale dell’isola.

Pechino lascia intendere a Taipei che preferisce prendere il controllo di Taiwan e delle sue isole minori in maniera pacifica. Ma se ciò non fosse possibile, sarebbe pronta a intervenire con la forza. Eppure il governo di Tsai Ing-wen non è disposto a rinunciare alla sua sovranità. Quindi continua a consolidare i rapporti militari con gli Usa e a plasmare la propria identità nazionale.

L’isola di Formosa è da sempre un buon “termometro” indicatore della tensione geopolitica in Estremo Oriente, e ad oggi la temperatura si sta alzando.

John Mills, ex direttore dell’Ufficio del Segretario della Difesa USA, prevede che entro tre anni potremmo assistere ad un’invasione di Taiwan da parte della Cina. Questo sulla base anche delle incursioni, ormai quasi quotidiane, da parte dell’aviazione dell’Esercito Popolare Cinese nelle aree di cielo sotto controllo di Taiwan, l’ultima delle quali ha coinvolto ben 20 aerei di vario tipo. 

La valutazione di Mills dimezza la stima di sei anni fornita dall’ammiraglio statunitense Philip Davidson, capo del comando indo-pacifico degli Stati Uniti (INDOPACOM), durante un’udienza al Congresso all’inizio di marzo.

“Se non lo fanno in 10 anni, penso che il leader cinese Xi Jinping sarà probabilmente rimosso dall’incarico. Penso che anche sei anni siano troppi “, ha detto Mills. Ha aggiunto che Xi potrebbe subire pressioni per attaccare Taiwan per distogliere l’attenzione dai problemi interni, come una crisi economica.

L’ammiraglio degli Stati Uniti John Aquilino, il candidato per sostituire Davidson come capo di INDOPACOM, nella sua audizione di conferma a marzo ha rifiutato di approvare la stima di sei anni di Davidson, ma ha detto che la minaccia di un’invasione cinese è “molto più vicina a noi di quanto la maggior parte pensi”.

Questo punto è stato ripreso dall’ex consigliere per la sicurezza nazionale H.R. McMaster, che a marzo ha affermato che Xi crede “di avere una fugace finestra di opportunità che si sta chiudendo” in relazione all’attacco a Taiwan. McMaster ha affermato che il periodo dal 2022 in poi segna il momento “di maggior pericolo” per Taiwan, sottolineando che questo coincide con la conclusione delle Olimpiadi invernali di Pechino del 2022.

Si tratta di una sorta di corsa contro il tempo: l’esercito cinese non è ancora pronto, ma, nello stesso tempo, aspettare significa dare all’Isola maggiori possibilità di prepararsi. i missili antinave HF2 sono stati costruiti in grande quantità, la versione a breve raggio HF2b, più leggera e studiata proprio per la difesa a breve raggio dell’isola, ed anche la versione successiva HF-3 sta per entrare in produzione. Altri missili antinave sono stati comprati in quantità dagli USA per gli F 16 recentemente acquistati per la propria aviazione. Inoltre Taiwan ha iniziato a produrre anche missili a lungo raggio, elemento di vera deterrenza contro eventuali attacchi di Pechino.

Le ambizioni di Pechino su Taiwan derivano principalmente dal desiderio di mettere le mani sulla capacità di produzione di semiconduttori. Taiwan ospita TSMC, il più grande produttore di chip a contratto del mondo.

La Cina dipende fortemente dai semiconduttori stranieri che alimentano qualsiasi cosa, dai cellulari ai missili. Secondo Bloomberg, la Cina ha importato chip per un valore di 380 miliardi di dollari nel 2020, rappresentando circa il 18% di tutte le sue importazioni.

Il regime sta ora lottando per garantirsi la fornitura di semiconduttori stranieri a seguito di una serie di sanzioni inflitte alle società cinesi dall’amministrazione Trump. Le sanzioni statunitensi hanno paralizzato il business degli smartphone del gigante tecnologico cinese Huawei, mentre il produttore di chip cinese SMIC è stato inserito in una lista nera commerciale.

Pechino da sempre mal digerisce la relazione commerciale di Formosa con il Giappone e gli Usa. Dal canto loro, Tokyo e Washington hanno un ovvio interesse a rafforzare la propria influenza su Taipei, in quanto spina nel fianco della Repubblica Popolare e dotata di una posizione geostrategica invidiabile, essendo collocata sulla prima catena di isole che ostruisce l'accesso ai cinesi nell'Oceano Pacifico. Ad oggi, per gli americani, risulta fondamentale accerchiare la Cina via mare, usufruendo del supporto geostrategico degli alleati nipponici e taiwanesi. Dal punto di vista di Pechino, ed in particolar modo di Xi, se vorrà consolidare la sua potenza, le future sfide non potranno non passare dal controllo interno di Hong Kong e dall’egemonia esterna esercitata sull’Isola di Formosa. Insomma, la futura guerra commerciale e geopolitica nel Pacifico è servita.

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