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Cultura
Dante e l’Islam - terza parte
Inferni a confronto
Articolo di Giancarlo Guerreri
Pubblicato in data 14/11/2020

Entreremo ora nel dettaglio delle differenti topografie infernali declinate nella Divina Commedia e nei testi islamici.

Dante suddivide l’Inferno con uno schema, comprendente l’Antinferno, destinato agli Ignavi, e il Limbo, dove troviamo delle Anime “sospese” sull’Inferno, senza esserne preda.

Il Poeta, successivamente, distribuisce i dannati in 9 Cerchi, a loro volta suddivisi in Gironi, Bolge e zone.

Il 1° Cerchio comprende il Limbo, dal 2° al 6° troveremo dei Gironi riservati a singole tipologie di peccatori.

Il 7° Cerchio, quello dei Violenti, è diviso in 3 Gironi: Violenti contro il prossimo, contro se stessi e contro Dio.

L’8° Cerchio comprende 10 Bolge destinate ad accogliere altrettante categorie di peccatori.

Il 9° Cerchio è dedicato ai Traditori, reclusi in quattro zone: Caina per i Traditori dei parenti, Antenora per i Traditori politici, Tolomea per i traditori degli Ospiti e Giudecca per i Traditori dei benefattori.

Una sintesi dei Cerchi, dei Gironi e delle Bolge con le tipologie di peccatori:

Antinferno

1° Cerchio – Limbo

2° Cerchio – Lussuriosi

3° Cerchio – Golosi

4° Cerchio – Avari e Prodighi

5° Cerchio – Iracondi e Accidiosi

6° Cerchio – Eretici

7° Cerchio – Violenti ( contro il prossimo – contro se stessi – contro Dio)

8° Cerchio – Fraudolenti (Seduttori – Adulatori – Simoniaci – Indovini – Barattieri

                                          Ipocriti – Ladri – Consig. Inganni – Sem. Discordie – Falsari)

9° Cerchio – Traditori ( di parenti – politici – degli ospiti – dei benefattori)

 

La struttura dell’Inferno islamico è la seguente:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel Corano l’entrata dell’Inferno viene stabilita nel territorio vicino a Gerusalemme. E’ costituito da una serie di ripiani o balze circolari e concentriche che scendono, riducendosi di diametro, verso il fondo.

Gli esegeti islamici interpretarono la descrizione coranica, molto difficile da comprendere, che dice letteralmente (XV, 44): Ha sette porte; a ogni porta starà un gruppo separato di essi (i dannati), proponendo una struttura conica, formata da una scalinata verticale che conduce a sette spianate orizzontali, organizzate come altrettante carceri destinate alle differenti categorie di peccatori.

I sette ripiani sono collocati, come nella struttura dantesca, uno sopra l’altro e scendendo aumenta progressivamente la temperatura.

Il Corano sceglie il numero 7 per suddividere i vari gironi infernali, rispettando la consolidata tradizione che prevede: i Cieli astronomici sono 7, e 7 sono le terre, 7 sono i mari e le porte dell’Inferno e quelle del Paradiso.

L’esclamazione “essere al settimo cielo” trova così una singolare spiegazione.

Con una piccola differenza rispetto allo schema sopracitato, Palacios così suddivide i gironi e le descrizioni dei peccatori dell’inferno coranico:

1° Ripiano Gehenna (quello più esterno) per i musulmani rei di peccato mortale

2° Ripiano  Lazi (fuoco bruciante) per i cristiani

3° Ripiano  Al-Hatma (fuoco divoratore) per gli ebrei

4° Ripiano  Al-Sa ir  (fuoco fiammante) per i sabei

5° Ripiano Saqar (fuoco ardente)  per gli zoroastriani

6° Ripiano Al-Gahim (fuoco intenso) per i politeisti

7° Ripiano Al-Hawiya (Abisso) per gli ipocriti simulatori di fede.

 

Come si può notare la condanna dei peccatori riguarda solo aspetti dogmatici legati alla scelta religiosa dei presunti colpevoli.

In una futura analisi del Paradiso islamico vedremo che ogni Cielo è presieduto da un profeta di quelle stesse religioni condannate nell’Inferno. Una contraddizione che sembra inspiegabile.

Nel suo imponente volume, Palacios, descrive anche differenti topografie infernali legate alla tradizione araba, evidenziando come l’opera dantesca presenti una maggior “logica intrinseca”, una maggior complessità filosofica e morale. Tuttavia dovremo rilevare anche evidenti analogie relative alle pene e alle comuni circostanze che riguardano i castighi dei dannati.

Alcuni esempi:

“il Ripiano secondo (islam) è battuto da venti fortissimi e contrastanti, come il secondo Cerchio dantesco. Serpenti enormi divorano i reprobi del quinto Ripiano, come i ladri del quinto Cerchio di Dante. La ghiacciata regione dell’ultimo Ripiano coincide esattamente con la descrizione che caratterizza il Cerchio più profondo, nel quale pure Dante colloca Lucifero, che è l’Iblis o re dei Diavoli nell’escatologia islamica.”

La complessità e la corposità di “Dante e l’Islam” di Miguel Palacios ci costringe a descrivere con enorme approssimazione l’escatologia islamica, senza avere la possibilità di entrare nei dettagli.

Tuttavia, pur invitando il Lettore interessato ad approfondire l’argomento sui Testi della Tradizione, mi soffermerò su particolari che potrebbero suggerire ulteriori approfondimenti.

Le caratteristiche topografiche dei due Sistemi infernali presentano profonde analogie. In esse troviamo montagne, dirupi, fiumi, valli, fonti, stagni, mura, castelli, ponti, celle…ecc

Nel suo monumentale libro Futuhat, il Sufi Ibn Arabi, teologo mistico e poeta musulmano (1165-1240), ha consacrato numerosi capitoli alle descrizioni infernali rispettando i dettami del Corano, ma aggiungendo personali interpretazioni elle proprie visioni mistiche.

Ibn Arabi mantiene la suddivisione in 7 Ripiani, riservando ogni ripiano ad una precisa categoria di reprobi, la cui condanna fu dovuta ad un peccato specifico commesso con uno dei 7 organi del corpo: occhi, orecchi, lingua, mani, ventre, sesso e piedi.

Una suddivisione che, come dice Palacios, rispetta come quella dantesca un criterio generale etico e non dogmatico.

Diventa, per il sottoscritto, difficile comprendere il feroce disappunto suscitato ed esternato dalla critica dell’epoca dal testo “Dante e l’Islam”.  

Parlare di plagio o di scarsa originalità del Sommo Poeta risulta essere ridicolo e privo di significato. Sembra ovvio che Dante fosse un poeta dalla immensa cultura, un poeta che frequentava salotti buoni, le grandi biblioteche e i più noti pensatori della sua epoca. Il suo maestro Brunetto Latini, uomo di straordinaria Cultura, possedeva molti testi arabi e, con ogni probabilità, è stato il collegamento tra le due differenti impostazioni escatologiche, araba e dantesca.

A nessuna persona di buon senso verrebbe in mente di criticare Dante per aver attinto dagli arabi modelli e strutture topografiche condivise e rappresentate da decine di testi tradizionali. Soffermarsi su questi particolari significherebbe perdere di vista il valore poetico, simbolico, morale e anagogico della sua Opera.

Il fatto che Dante abbia attinto ad una matrice di indiscusso valore culturale significa che Dante fosse colto e soprattutto curioso. Il suo capolavoro, che per molti versi rappresenta la vera Cultura italiana, ormai degradata e trascurata senza speranza, resterà per sempre una pietra miliare alla quale attingere, consapevolmente, senza provare il minimo senso di colpa.

Come abbiano potuto i critici del 1919 offendersi e indignarsi dalle rivelazioni esposte da Palacios, resta un mistero.

La pubblicazione de “L’Escatologia islamica nella Divina Commedia” avvenne cent’anni fa, alla vigilia dei festeggiamenti per il seicentesimo anniversario dalla morte di Dante (1921), ma tale coincidenza non giustifica minimamente la stupidità o peggio l’arroganza, di chi ha voluto offendere la Verità, in nome di un presunto e grottesco “campanilismo culturale”.

 

Fine della terza parte.

 

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