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Come in Italia così in Cina e poi di nuovo in Italia. 1di2
Attualità del più semplice ed efficiente ausilio alla mobilità umana.
Articolo di Pietro Cartella
Pubblicato in data 22/04/2020

Corsi e ricorsi storici si alternano davanti ai nostri occhi, anche se facciamo fatica a farci caso presi come siamo dalla routine quotidiana o dall’ultima emergenza globale da affrontare.

Ogni volta che le circostanze lo impongono però ecco che improvvisamente ci accorgiamo di come alcune situazione che abbiamo conosciuto si ripresentano.

 

Subito dopo la devastazione dell’ultima guerra mondiale, che ha visto coinvolto anche il nostro Paese (evento che non ho vissuto, ma ho sentito raccontare da mio padre), i sopravvissuti provvidero a ricostruire tutto ciò che era necessario.

 

Grandi opere furono messe in cantiere e ognuno fece la sua parte.

 

Poco per volta anche le persone ripresero a muoversi sempre più motivate dalla necessità e solidarietà che la ricostruzione della società esigeva.

 

E poiché carretti e mezzi a motore erano ancora nella disponibilità di pochi, gli spostamenti individuali avvenivano a piedi, in treno o in bicicletta.

 

Chi possedeva una bicicletta era già un fortunato: qualche volta poteva perfino portare un passeggero.

 

Così prima che lo sviluppo dei mezzi motorizzati di proprietà diventasse un fenomeno di massa, andando di pari passo e contribuendo al boom economico, la bicicletta colonizzò l’intero paese.

 

Poi il fenomemo si adeguò ai costumi con fortune alterne.

 

Alcuni decenni dopo, nel 1996, ebbi occasione di andare in Cina per un incontro di lavoro in concomitanza con il Salone dell’auto di Pechino e non potei fare a meno di constatare, non senza una certa nostalgia, l’enorme traffico di biciclette che vi si svolgeva.

 

E dell’immensità e discreto ordine dei parcheggi ad esse dedicati.

 

Tornato ai nostri tempi non posso che prendere atto di quanto, nel nostro Bel Paese, la bicicletta, con o senza pedalata assistita, sia di nuovo riuscita a riprendersi un suo spazio.

 

Ma con una differenza rispetto al dopoguerra e al tempo della Cina descritto: l’utilizzo di quel mezzo, che di per sé rispetta l’ambiente, trova sempre più spesso utenti non alla sua altezza.

 

Infatti non è raro trovare biciclette a noleggio, lasciate ovunque, che creano intralcio e pericolo per altri, o che sfrecciano in luoghi interdetti al loro uso, condotte da utenti evidentemente “altrove collegati”, incuranti delle conseguenze che possono derivarne.

 

Per non parlare poi di quelle vandalizzate e lasciate in mostra quali manifesti del livello di civiltà di chi le ha ridotte così.

 

Pare evidente che la capacità di comportarsi in modo coerentemente equilibrato con il contesto, non trovi sicronizzazione con la crescita tecnologica dei mezzi offerti.

 

La speranza è che sia un momento di adattamento prima della corretta integrazione.

 

E, si sa, la speranza è l’ultima a morire.

 

foto e testo

pietro cartella

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