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Politica Internazionale
Sanzioni Si, Sanzioni No
Hanno ancora senso le sanzioni alla Russia o non sono forse un paravento per Putin con il quale alimentare la sua campagna Europea ?
Articolo di Mauro Voerzio
Pubblicato in data 11/12/2015

L’Italia si sa che è sempre stato il paese più filo russo dell’Europa, ai tempi dell’Unione Sovietica il flusso di soldi da Mosca verso il Partito Comunista Italiano era ingente, oggi con il nuovo corso putiniano questo flusso si è indirizzato verso i partiti di destra (Lega in testa) anche perché i comunisti in Italia sono ridotti ai minimi termini. Non sorprende quindi che l’Italia sia la capofila nel richiedere il ritiro delle sanzioni economiche nei confronti della Russia in barba a tutti i principi internazionali.

In realtà dovrebbe essere lo stesso Presidente Ucraino Poroshenko a richiederne il ritiro per tutta una serie di motivi.

Principalmente dovrebbe richiederne il ritiro in quanto queste sanzioni si sono dimostrate assolutamente inefficaci. All’indomani della loro emanazione il Presidente russo Putin disse “vediamo se fanno più male le vostre sanzioni o i miei missili”. Così è stato, da allora è stato un crescendo di dimostrazione di forza fino ad arrivare alle dichiarazioni di due giorni fa quando il Presidente russo ha minacciato l’uso delle armi nucleari in Medio Oriente. E’ ovvio che sia una minaccia non diretta a Daesh, dove anche l’uso di missili balistici lanciati da navi e sottomarini sembra alquanto sproporzionato, usare un missile che costa 800.000 dollari per colpire una casa di calcestruzzo è come comprare una pressa per schiacciare una noce. La minaccia è rivolta all’occidente che sembra sempre più in balia della paura e incapace di reagire.

In questo anno e mezzo di sanzioni la Russia continua ad occupare la Crimea, continua la guerra in Donbass, conduce processi farsa contro prigionieri politici come Sentsov e Savchenko, continua a sconfinare con i suoi veivoli sui cieli europei, e continua la sua espansione militare in una pericolosa escalation.

Oltretutto queste sanzioni danno fiato ai partiti satelliti di Mosca in Europa impegnati nella retorica che le sanzioni colpiscono economicamente le imprese europee.

Mentre in Ucraina la popolazione sta prendendo coscienza che l’Europa non è quella terra dei diritti e dei principi che per molto tempo si era favoleggiato, cresce l’insofferenza verso le nazioni che si pensavano amiche e che mai si sarebbe pensato si sarebbero vendute sull’altare del business.

Sono queste le motivazioni che dovrebbero spingere il Presidente Poroshenko e chiedere il ritiro della sanzioni. Emergerebbero tutta una serie di contraddizioni che sconfesserebbero i giullari di Mosca e gli toglierebbero uno dei pochi argomenti che possono sfoderare nelle loro comparsate televisive. Tolte la sanzioni tutti si accorgerebbero che i russi non comprano il nostro parmigiano non per i divieti ma semplicemente perché non hanno i soldi per farlo. Il rublo ha subito una svalutazione fortissima, l’economia russa è in recessione da tempo e le ingenti spese militari stanno togliendo qualsiasi risorsa da destinare al rilancio dell’economia.  Senza le sanzioni questo grande bluff verrebbe scoperto.

L’Ucraina dovrebbe continuare a sviluppare il progetto di “intermarium” con i paesi vicini creando così una coalizione coesa ed un mercato di libero scambio, una coalizione sganciata da Bruxelles che oramai sembra avere le ore contate. I nuovi assetti geopolitici che si stanno ridisegnando ci dicono che nei prossimi anni non avremo più il mondo che abbiamo conosciuto sino ad oggi ed il progetto Europeo (che oggi possiamo tranquillamente dire fallito) sarà sostituito da altre egemonie. L’Italia è candidata ad entrare nella sfera euroasiatica sotto l’ombrello russo, il Regno Unito a mantenersi autonomo e la Francia consegnata a Marine Le Pen diventare naturale alleato della Russia. L’Ungheria con Victor Orban è già praticamente entrata da tempo nella sfera russa così come la Repubblica Ceca.  La Germania è una potenza economica ma militarmente non vale nulla, ed in una fase geopolitica dove la diplomazia parla la lingua dei bombardamenti non avrà molta voce in capitolo e si dovrà assoggettare al più forte.

Il mondo è cambiato, non rendersi conto di questa cosa è da folli, oggi sono sulla scena politica personaggi che sino a due anni fa sarebbe stato inimmaginabile neppure supporre, anche la retorica è cambiata e gli illuministi stanno lasciando spazio ai Rambo. Come all’alba della prima guerra mondiale sono sempre di più le persone che incitano le folle al grido “guerra! guerra!” Uno come Donald Trump sarebbe stato rinchiuso in un manicomio ed ora invece diventa un “faro di speranza”,

Putin ha creato questo caos organizzato per rimanere al potere, potere che sarebbe vacillato in caso di pace con un petrolio che costa oggi meno di 40 dollari al barile e che veniva venduto sino a due anni fa dalla Russia a 120 dollari. Forse pochi sanno che il 40% del PIL russo dipende dalla vendita di petrolio e gas, provate a immaginare quanto questa differenza stia incidendo pesantemente nelle casse dello Stato russso e nelle tasche dei suoi cittadini.            

Questo caos è propedeutico ad alimentare la codardia degli europei, europei che sono in cerca di qualcuno che li protegga d Daesh, un pericolo immaginario creato dalle grandi potenze proprio per alimentare la paura.

Un dato su tutti sul quale riflettere, dicono che daesh ottiene 1,5 milioni di dollari al giorno dalla vendita del greggio che corrisponde a circa 500 milioni di dollari all’anno. Se aggiungiamo le tasse che impongono sul loro territorio si vocifera che abbiano a disposizione circa 2 miliardi l’anno.  Se compariamo il PIL della Basilicata del 2009 che era di oltre 10 miliardi ci rendiamo conto di quale frottola ci stanno raccontando. Qualcuno veramente crede che se la Basilicata dichiarasse guerra al mondo potrebbe resistere agli attacchi di potenze come USA, Russia, Francia, Inghilterra e Iran ?

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