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Cronaca Torino
Il presepe come simbolo di speranza
La testimonianza di comuni che difendono le proprie radici
Articolo di Carlo Emanuele Morando
Pubblicato in data 28/12/2014

La lunga storia del presepe ha inizio a Roma, dove nelle catacombe vengono rinvenuti alcuni disegni sulla nascita di Cristo risalenti al IV secolo. Nello stesso periodo la festività pagana che celebrava la nascita del nuovo sole e che cadeva proprio il 25 dicembre, veniva sostituita con l’istituzione della festa del Santo Natale. Comunemente però la nascita del presepe fisico si deve a San Francesco d’Assisi che nel 1223 allestì la ricostruzione della natività in un bosco.

Il presepe divenne presto un simbolo diffusissimo in tutte le culture europee che lì vi riconoscono le proprie radici giudaico-cristiane, avendo dei periodi di grande popolarità come l’epoca barocca. Ma oltre che essere un simbolo religioso e culturale, il presepe è anche simbolo di speranza nel futuro, tema attualissimo in questa società in cui è difficile avere fiducia nell’avvenire, in cui disoccupazione e povertà rendono temuto il domani.

Proprio al tema della speranza papa Francesco vuole accostare il presepe, con le parole pronunciate la notte di Natale nella basilica di San Pietro: “In questa notte santa contempliamo il presepe, lì il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce”. Non si capisce allora come un simbolo di cultura, radici, tradizioni ed, appunto, speranza, possa ogni anno sollevare tutte queste polemiche legate alla sua esposizione o meno nei luoghi pubblici.

Mentre qualche dirigente scolastico ne vieta la presenza all’interno delle scuole, ci sono esempi di baluardi della cristianità e della tradizione occidentale del Natale, come ad esempio la giunta comunale di Ingria, una paese di 49 abitanti in val Soana, provincia di Torino. Qui il sindaco Igor De Santis ha fatto recapitare ai cittadini gli auguri di Natale su carta riportante la rappresentazione della natività. Andrea Cane, consigliere comunale con incarico al Turismo, Commercio e Relazioni Pubbliche, commenta così: “In occasione del Santo Natale l’amministrazione comunale di Ingria ha deciso di fare gli auguri in controtendenza rispetto ad alcuni fatti riportati dai giornali, che parlano di realtà in cui addirittura si vieta il presepe. Da noi l’immagine scelta per i biglietti di auguri è la rappresentazione della natività, per rispetto alla nostra cultura: troppo spesso infatti le tradizioni vengono messe in secondo piano dalla globalizzazione deculturizzante che non lascia spazio nemmeno alle culture territoriali. Ad Ingria – conclude Cane – abbiamo scelto quindi di opporci a quel triste contemporaneo senso comune che vuole un mondo al contrario”.

Quello del piccolo comune canavesano non è però l’unico esempio di realtà che decide di non abbandonare le proprie radici in nome della globalizzazione, perché quest’ultima porterà sicuramente dei vantaggi, ma non può certamente creare una società omologata in cui non esistono culture, non esistono religioni e non esistono simboli, e soprattutto non può e non deve omologare la società laddove le tradizioni sono fortemente sentite e dove, come per il presepe, portano con loro anche messaggi di speranza e fiducia nel futuro. 

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